Il Veneto mi piace, mi ci sento a casa.
Forse perchè, partendo da una madre di Lubiana ed arrivando ad un
padre bergamasco, Venezia si trova giusto a metà. Forse perchè
Venezia è davvero una città di una bellezza unica e fuori dal
tempo, forse perchè ci sono delle belle terme e ho buoni
amici...comunque non avendovi mai pedalato seriamente ho pensato
quest'anno di inserire nel mio programma la 300km di Oderzo. Il
percorso si snoda dalla pianura verso nord fino a lambire le Dolomiti
che sono sempre un bello spettacolo soprattutto se viste con gli
occhi e le emozioni di chi come il ciclista o il caminatore viaggia
dentro la natura. Beh lo spettacolo questa volta si è po' fatto
desiderare vista la giornata peciosa ma i bei panorami non sono
comunque mancati.
Ma andiamo con ordine e resettiamoci al
km 0 presso il camposportivo di Piavon d'Oderzo base logistica del
buon Giuseppe Ovelli, appassionato organizzatore di randogiri.
Questa volta abbandonare alle 3,45 il
comodo piuma dell'albergo di Montegrotto terme nel quale avrei potuto
gustare una luculliana colazione e goduriose acque termali, peraltro
già pagate, è stato particolarmente difficile. Non so se vi capita
di farvi talvolta delle domande sul senso della vita in generale e
delle varie azioni in particolare, se la risposta è no siete
fortunati se sì avete dei dubbi..generalmente l'inerzia li sommerge
e continuate imperterriti ma alle volte è anche saggio cambiare
idea. Purtroppo o per fortuna la mattina del 13 aprile il richiamo
dell'avventura è stato ancora il più forte e mi ha fatto
trascinare tra il centinaio di randagi convenuti da posti ancora più
distanti della bassa modenese. C'è ad esempio Paride che a giugno
partirà per la sfida della RAAM che ne ha approfittato per venire in
bici da Milano... 300km di antipasto notturno. Poi ci sono anche gli
altri randagi di Carpi e qualche altra faccia nota. Mischiati a
randonneur DOC ci sono anche i soliti mufloni locali da granfondo che
colgono l'occasione per una “garetta” a poco prezzo e sulle
strade di casa. Purtroppo questa categoria non conosce mezze misure,
parte a balla, continua a balla e così arriva, se arriva, alla fine.
E davanti a tirare il gruppo ci sono sempre loro...inizia a
piovigginare quando ad un incrocio non frecciato il gruppo si ferma:
nonsoperchè ma ti illudi sempre che chi sta davanti sappia anche
dove sta andando e poi capisci che invece non ha neppure la lucidità
di guardare il navigatore, se l'ha..., comunque si presenta l'annosa
questione: seguire le frecce i il GPS? Quando riprendo a pedalare il
gruppo se ne è già andato e mi metto con altri all'inseguimento
anche se so che i mufloni sono quasi imprendibili poi ad una rotonda
bagnata i primi due vanno per le terre e lo spettacolo fa rientrare a
più miti consigli i pochi ardimentosi. Attraversiamo la bella
Vittorio Veneto e la strada inizia leggermente a salire verso il
Fadalto. In cima c'è il primo controllo e mi fermo a timbrare al bar
trovando il buon Paride alle prese di un pantagruelico panino, si
vede che l'aperitivo notturno ha funzionato...poi riparto e scopro
che il vero controllo era al bar successivo ma va bene così, siamo
in Italia...
Il mio cell è andato in tilt e questa è l'unica foto, forse la più brutta,che si è salvata. E' il bar del primo controllo e comunque aiuta a capire che bel clima ci aspettasse sul Fadalto... |
In discesa si passa prima sul lago
Morto poi su quello di Santa Croce e mi fermo a fotografarlo
guardando se si scorge quello delle Risurrezione che però pare
coperto dalle spesse nubi...dev'essere in ogni caso molto bello
d'estate ma oggi apprezzo la strada larga e ben tenuta che ci porta
alla stazione dal curioso nome di Polpet. L'obliteratrice, come
spesso capita quando devi tibrare un pezzo di carta bagnato, non
funziona e intanto il gruppo se ne va ,il che richiede una tirata
fino a Belluno per ritrovare qualche compagno di gita....passato
Belluno svetta uno splendido cartellone sull'agibilità delle salite
circostanti: Giau, Pordoi, Campolongo ecc. essere lì per un ciclista
è come per un attore essere sulla Croisette, ma il nostro passo che
imbocchiamo vicino ad Agordo non è così blasonato, anzi non ha
neppure un nome...ci porta a 1000mt e lì c'è il buon Giuseppe con
ristoro e controllo. Gli avevo detto del mio vegetarianesimo e lui,
gentilmente, mi ha preparato un ottimo risotto col tonno. Il che fa
partire una surreale discussione , degna di una postilla a “the
China study” sul liceità o meno di chiamare vegetariano chi si
astiene dalla carne ma non dal pesce, certo neppure il formaggio è
vegetale...intanto il riso non c'è e comunque non ne avrei neppure
voglia: è freddo e fa freddo, c'è ancora la neve lì in giro e sono
cose che in discesa ti si bloccano spesso sul gargozzo. Mangio dolci
e riparto per la lunga discesa che passando dal lago del Mis ci
riporta verso la pianura. Qui a poco a poco si forma il gruppetto col
quale pedalerò gli altri 150km, come spesso accade le forze si sono
abbastanza equilibrate e si pedala dandosi il cambio di buon accordo.
Si scende vicino al Sacro Piave e mi domando cosa abbia di speciale
questo bel fiume per fargli meritare tale aggettivo...forse che il
fatto di averlo riempito di sangue italo-austriaco durante
quell'inutile mattanza che fu la prima guerra mondiale lo può
renderlo più sacro dell'Oglio o del Panaro? In verità quello che mi
incuriosisce di più sono i toponimi locali credo ladini o giù di
lì...incontriamo un paese che si chiama Quero Vas e sembra l'unione
tra una parola spagnola e una slovena (in slovenia vas è un paesino)
poi scopro che questo è uno dei rari casi dove due paesi hanno
deciso insieme via referendum di unificarsi.
Ormai tira aria di casa e verso
Conegliano c'è la possibilità, tra uno sterrato e l'altro di fare
quattro chiacchiere con i compagni di viaggio. Scopro che c'è un
tipo bello tosto che infatti solo una settimana prima era in
SudAfrica per l'Iron man , e infatti tira come un satrapo, ed un alto
udinese, granfondista pentito, che lavora dalle “mie” parti
ovvero a Concordia. I pezzi in sterrato comunque non li digerisco e
non capisco perchè chi disegna le Rando provi il gusto sadico di
mettere questi trabocchetti nella parte finale di un giro dove uno
magari è già stanco e deconcentrato e per una buca piena di ghiaia
finisce per farsi del male per niente. Stesso discorso vale per la
sezione dell'Eroica durante la 1001 miglia, o per le stradine
ghiaiate alla fine della Verona Resia oppure l'ultimo tratto della
LEL .
Comunque arriviamo all'ultimo
controllo, a 12 km dall'arrivo?!?, il cui unico senso è far lavorare
qualche bar locale, infatti i miei soci si inchiodano davanti ad una
Osteria dove si attaccano con gusto ad una bottiglia di Raboso e non
ne vogliono più sapere di ripartire. Ne vuole invece sapere alla
grande un energumeno tutto griffato Sportful che ci sorpassa ai 40
kmh credendo evidentemente di essere ad una GF e di doversi giocare
il piazzamento in volata...naturalmente la sorte lo punisce e sbaglia
strada cosa che mi permette con un piccolo scatto di andarlo a
riprendere e ricondurlo con tutti gli altri, come si conviene, per un
arrivo tranquillo e in gruppo.
Ritorniamo all'ovile dopo 10h e 20 alla
poco randagia media di 28,7kmh. Mi colpisce che le tavolate del pasta
party siano disseminate di brocche di vino bianco e rosso che fanno
la felicità dei ciclo-baccari locali...manca invece uno schermo dal
quale vedere l'arrivo della Parigi Roubaix ma onestamente dopo tante
ore di strade sconnesse e bucherellate, ruote e fondoschiena
maleodoranti preferisco salutare amici e parenti dando l'appuntamento
alle prossime avventure e ritornare mestamente da queste belle terre
verso il piattume modenese. Notte putei, se vedemo...
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