domenica 4 maggio 2014

Weneto

Il Veneto mi piace, mi ci sento a casa. Forse perchè, partendo da una madre di Lubiana ed arrivando ad un padre bergamasco, Venezia si trova giusto a metà. Forse perchè Venezia è davvero una città di una bellezza unica e fuori dal tempo, forse perchè ci sono delle belle terme e ho buoni amici...comunque non avendovi mai pedalato seriamente ho pensato quest'anno di inserire nel mio programma la 300km di Oderzo. Il percorso si snoda dalla pianura verso nord fino a lambire le Dolomiti che sono sempre un bello spettacolo soprattutto se viste con gli occhi e le emozioni di chi come il ciclista o il caminatore viaggia dentro la natura. Beh lo spettacolo questa volta si è po' fatto desiderare vista la giornata peciosa ma i bei panorami non sono comunque mancati.
Ma andiamo con ordine e resettiamoci al km 0 presso il camposportivo di Piavon d'Oderzo base logistica del buon Giuseppe Ovelli, appassionato organizzatore di randogiri.
Questa volta abbandonare alle 3,45 il comodo piuma dell'albergo di Montegrotto terme nel quale avrei potuto gustare una luculliana colazione e goduriose acque termali, peraltro già pagate, è stato particolarmente difficile. Non so se vi capita di farvi talvolta delle domande sul senso della vita in generale e delle varie azioni in particolare, se la risposta è no siete fortunati se sì avete dei dubbi..generalmente l'inerzia li sommerge e continuate imperterriti ma alle volte è anche saggio cambiare idea. Purtroppo o per fortuna la mattina del 13 aprile il richiamo dell'avventura è stato ancora il più forte e mi ha fatto trascinare tra il centinaio di randagi convenuti da posti ancora più distanti della bassa modenese. C'è ad esempio Paride che a giugno partirà per la sfida della RAAM che ne ha approfittato per venire in bici da Milano... 300km di antipasto notturno. Poi ci sono anche gli altri randagi di Carpi e qualche altra faccia nota. Mischiati a randonneur DOC ci sono anche i soliti mufloni locali da granfondo che colgono l'occasione per una “garetta” a poco prezzo e sulle strade di casa. Purtroppo questa categoria non conosce mezze misure, parte a balla, continua a balla e così arriva, se arriva, alla fine. E davanti a tirare il gruppo ci sono sempre loro...inizia a piovigginare quando ad un incrocio non frecciato il gruppo si ferma: nonsoperchè ma ti illudi sempre che chi sta davanti sappia anche dove sta andando e poi capisci che invece non ha neppure la lucidità di guardare il navigatore, se l'ha..., comunque si presenta l'annosa questione: seguire le frecce i il GPS? Quando riprendo a pedalare il gruppo se ne è già andato e mi metto con altri all'inseguimento anche se so che i mufloni sono quasi imprendibili poi ad una rotonda bagnata i primi due vanno per le terre e lo spettacolo fa rientrare a più miti consigli i pochi ardimentosi. Attraversiamo la bella Vittorio Veneto e la strada inizia leggermente a salire verso il Fadalto. In cima c'è il primo controllo e mi fermo a timbrare al bar trovando il buon Paride alle prese di un pantagruelico panino, si vede che l'aperitivo notturno ha funzionato...poi riparto e scopro che il vero controllo era al bar successivo ma va bene così, siamo in Italia...
Il mio cell è andato in tilt e questa è l'unica foto, forse la più brutta,che si è salvata. E' il bar del primo controllo e comunque aiuta a capire che bel clima ci aspettasse sul Fadalto...

In discesa si passa prima sul lago Morto poi su quello di Santa Croce e mi fermo a fotografarlo guardando se si scorge quello delle Risurrezione che però pare coperto dalle spesse nubi...dev'essere in ogni caso molto bello d'estate ma oggi apprezzo la strada larga e ben tenuta che ci porta alla stazione dal curioso nome di Polpet. L'obliteratrice, come spesso capita quando devi tibrare un pezzo di carta bagnato, non funziona e intanto il gruppo se ne va ,il che richiede una tirata fino a Belluno per ritrovare qualche compagno di gita....passato Belluno svetta uno splendido cartellone sull'agibilità delle salite circostanti: Giau, Pordoi, Campolongo ecc. essere lì per un ciclista è come per un attore essere sulla Croisette, ma il nostro passo che imbocchiamo vicino ad Agordo non è così blasonato, anzi non ha neppure un nome...ci porta a 1000mt e lì c'è il buon Giuseppe con ristoro e controllo. Gli avevo detto del mio vegetarianesimo e lui, gentilmente, mi ha preparato un ottimo risotto col tonno. Il che fa partire una surreale discussione , degna di una postilla a “the China study” sul liceità o meno di chiamare vegetariano chi si astiene dalla carne ma non dal pesce, certo neppure il formaggio è vegetale...intanto il riso non c'è e comunque non ne avrei neppure voglia: è freddo e fa freddo, c'è ancora la neve lì in giro e sono cose che in discesa ti si bloccano spesso sul gargozzo. Mangio dolci e riparto per la lunga discesa che passando dal lago del Mis ci riporta verso la pianura. Qui a poco a poco si forma il gruppetto col quale pedalerò gli altri 150km, come spesso accade le forze si sono abbastanza equilibrate e si pedala dandosi il cambio di buon accordo. Si scende vicino al Sacro Piave e mi domando cosa abbia di speciale questo bel fiume per fargli meritare tale aggettivo...forse che il fatto di averlo riempito di sangue italo-austriaco durante quell'inutile mattanza che fu la prima guerra mondiale lo può renderlo più sacro dell'Oglio o del Panaro? In verità quello che mi incuriosisce di più sono i toponimi locali credo ladini o giù di lì...incontriamo un paese che si chiama Quero Vas e sembra l'unione tra una parola spagnola e una slovena (in slovenia vas è un paesino) poi scopro che questo è uno dei rari casi dove due paesi hanno deciso insieme via referendum di unificarsi.
Ormai tira aria di casa e verso Conegliano c'è la possibilità, tra uno sterrato e l'altro di fare quattro chiacchiere con i compagni di viaggio. Scopro che c'è un tipo bello tosto che infatti solo una settimana prima era in SudAfrica per l'Iron man , e infatti tira come un satrapo, ed un alto udinese, granfondista pentito, che lavora dalle “mie” parti ovvero a Concordia. I pezzi in sterrato comunque non li digerisco e non capisco perchè chi disegna le Rando provi il gusto sadico di mettere questi trabocchetti nella parte finale di un giro dove uno magari è già stanco e deconcentrato e per una buca piena di ghiaia finisce per farsi del male per niente. Stesso discorso vale per la sezione dell'Eroica durante la 1001 miglia, o per le stradine ghiaiate alla fine della Verona Resia oppure l'ultimo tratto della LEL .
Comunque arriviamo all'ultimo controllo, a 12 km dall'arrivo?!?, il cui unico senso è far lavorare qualche bar locale, infatti i miei soci si inchiodano davanti ad una Osteria dove si attaccano con gusto ad una bottiglia di Raboso e non ne vogliono più sapere di ripartire. Ne vuole invece sapere alla grande un energumeno tutto griffato Sportful che ci sorpassa ai 40 kmh credendo evidentemente di essere ad una GF e di doversi giocare il piazzamento in volata...naturalmente la sorte lo punisce e sbaglia strada cosa che mi permette con un piccolo scatto di andarlo a riprendere e ricondurlo con tutti gli altri, come si conviene, per un arrivo tranquillo e in gruppo.
Ritorniamo all'ovile dopo 10h e 20 alla poco randagia media di 28,7kmh. Mi colpisce che le tavolate del pasta party siano disseminate di brocche di vino bianco e rosso che fanno la felicità dei ciclo-baccari locali...manca invece uno schermo dal quale vedere l'arrivo della Parigi Roubaix ma onestamente dopo tante ore di strade sconnesse e bucherellate, ruote e fondoschiena maleodoranti preferisco salutare amici e parenti dando l'appuntamento alle prossime avventure e ritornare mestamente da queste belle terre verso il piattume modenese. Notte putei, se vedemo...

Nessun commento:

Posta un commento