E' proprio vero tutto scorre, tutto
gira, tutto è pulsazione, giorno e notte, caldo e freddo, uomo e
donna, respiro e un altro giro di pedali...e la nostra vita che
inesorabilmente pur puntando verso al traguardo torna sempre al punto
di partenza...questo pensavo la sera del 25 luglio 2013 pedalando al
tramonto per le strade di Londra, città che da sempre e in varie
circostanze fa da sfondo alla mia vita.
In un certo senso l'umanità si divide
in due categorie: quelli che amano Parigi e quelli che amano Londra.
Anche queste città sono due antitesi che si completano a vicenda
come Pisa e Livorno o Capri e Anacapri. Ecco io amo Londra e da
quando ho sviluppato questa senile follia ciclistica e in particolare
quella per le Randonnè ho pensato alla Londra Edimburgo Londra come
ad una delle mete che dovevo assolutamente raggiungere nella mia
vita. Farò anche, a Dio piacendo, la Parigi Brest Parigi ma la vedo
più come un'incombenza o un obbligo piacevole e necessario come le
tasse, un brevetto indispensabile per la sua celebrità ma che non mi
scalda particolarmente il cuore. Londra invece appartiene così tanto
alla mia vita che a poco a poco avevo maturato l'idea di cogliere
l'occasione per attraversare l'Europa ed arrivarci direttamente in
bici. Poco il tempo a disposizione ma alla fine 200km al giorno sono
relativamente pochi per chi è abituato a percorrerne anche 500 o 600
in 24 ore. Così ho organizzato queste due settimane attraverso il
vecchio continente che mi hanno portato dapprima da Carpi a Londra in
una settimana e poi sulle strade di Inghilterra e Scozia dove ho
percorso altri 1400km in tre giorni e mezzo. Il racconto che segue è
naturalmente diviso in due sezioni rispettando la diversa prospettiva
del viaggio consapevole che, ancora una volta, le due tipologie di
viaggio siano in verità complementari tra loro.
La preparazione.
La torta di compleanno preparata dagli amici con il percorso |
E' ovvio che un giro ciclistico del
genere non si può improvvisare né atleticamente né logisticamente,
ovvero si può anche partire così alla “cummavviene” ma le
speranze di farcela diventano davvero molto scarse. Anche il giretto
della domenica mattina, i 50 o 100 km con gli amici necessitano di
una certa preparazione sia fisica che tecnica ma tutto si amplifica
quando si tratta di migliaia di chilometri magari in condizioni meteo
estreme come i 2000mt delle Alpi o le montagne della Scozia con
l'aggravante della pioggia.
Qui inizia la prima grande ricerca
dell'equilibrio tra “mi porto dietro tutto” e “cerco di
viaggiare leggero” con la logica variabile dell'aspetto economico
perchè, si sa, il bagaglio più leggero ed efficace sarebbe una
carta di credito imbottita come il caveau di una banca svizzera. Nel
mio caso, di questi tempi temo abbastanza comune, la carta di credito
è scheletrica come un albero d'inverno e quindi si cerca di essere
il più possibile autosufficienti ed oculati nelle spese. Quindi
tenda, sacco a pelo e fornellino. Qui però entra in gioco una rete
di mutuo aiuto tra ciclisti erranti che si chiama “Warmshowers”.
L'avevo scoperta leggendo le brillanti avventure di viaggio
raccontate da un collega inglese Andrew
Sykes sostanzialmente è una rete di contatti
organizzata come quella di Couchsurfing
ovvero: tu ti iscrivi e dai la disponibilità di accogliere
viaggiatori in casa tua potendo conseguentemente chiedere ospitalità
durante i tuoi viaggi. Il tutto regolato da una dinamica di feedback
reciprochi che dovrebbe escludere ospiti e ospitati poco gestibili.
Bene dopo aver risolto la grossa
domanda sul valico delle Alpi e aver individuato le tappe da
percorrere inviai svariate mail a sconosciuti potenziali ospitanti da
Basilea a Reims. La prima notte avevo infatti deciso di trascorrerla
simbolicamente a Bergamo, nella mia casa natale e nel giorno del 52°
compleanno. Poi c'era una tappa nel centro della Svizzera, una a
Basilea, una nel centro della Francia poi Reims, Calais e Londra. Ero
un po' preoccupato perchè due ragazzi francesi in transito verso
Ulan Bator mi avevano confessato che in tutto il nord Italia ero
stato l'unico a rispondergli. Gli svizzeri e i francesi si dimostrano
invece più ospitali e al saldo di personaggi tipo “ti ospiterei
volentieri ma quel giorno starò pedalando in Nepal sulla Karakorum
Highway” su 5 notti richieste avevo ricevuto 4 risposte positive,
addirittura nelle città anche più di una. E quale scartare? Anche
lì una scelta non facile e non scevra di conseguenze, come
vedremo....
Avendo tutte queste basi sicure con
annesso vitto e stallo, decisi di evitare l'ulteriore peso di
pentole e fornellino che credo sia altrimenti indispensabile in un
viaggio cicloturistico.
Questa prima parte del viaggio
rappresentava infatti il mio battesimo nella categoria “lunghi
viaggi in bici” con tutte le conseguenze, soprattutto in termini di
bagaglio sia fisico che di esperienza, che ciò comporta. Avevo letto
con ammirazione la composizione del bagaglio di esperti viaggatori,
calibrato e verificato sul campo da anni di viaggi. Quello che
funziona, quello che serve, quanto sia veramente indispensabile lo
scopri solo strada facendo affrontando pioggia, sole, vento, fame,
rotture meccaniche insomma viaggiando. Io invece ero all'esordio, non
avevo materiale e sicuramente mi sono portato via più del dovuto
anche in considerazione che sono arrivato a Londra praticamente senza
prendere acqua ma chi poteva prevederlo? Vale ancora l'antica
massima: se ti prendi molte cose non ne avrai bisogno ma se non le
prendi sicuramente ad un certo punto del viaggio ne sentirai la
mancanza....
Comunque carico la mia vecchia Trek con
un borsone Topeak saldamente ancorato sul portapacchi e completo
l'assetto da viaggio con due parafanghi Sks Longbow anche dopo la
lettura di un lungo articolo di un americano del nord sull'importanza
della protezione bassa del parafango anteriore. Personalmente detesto
viaggiare con i piedi bagnati e so quanto sia difficile asciugare
bene le scarpette.
A proposito di internet credo che ormai sia una
biblioteca fondamentale su questi aspetti logistici e che vi si possa
trovare ogni genere di informazione dal tipo di copertone alla crema
protettiva per il sottosella. Naturalmente bisogna anche valutare la
fonte delle informazioni: ad esempio avevo letto lunghe questioni
sugli attraversamenti dei “Cattle grid” in Scozia che poi si sono
rilevati assolutamente “no problem”.(I cattle Grid comunque sono
dei tubi di ferro che vengono messi dai pastori perpendicolarmente
alle strade per non far scappare le pecore dai recinti.)
La mia bici in assetto scozzese |
Poi, ancora una volta, tutto viene
filtrato dalla tua esperienza perchè evidentemente ognuno di noi è
profondamente diverso e ha uno standard di vita che relativizza
tutto. Il va sans dire che un punkabbestia abituato a dormire sul
cartone nelle case occupate e la marchesina Antinori di Firenze
hanno di solito necessità e tolleranze differenti. Ma certo non
sempre è così e quando buchi la ruota devi comunque riparartela da
solo...
In ogni caso dopo la lettura di
incalliti viaggiatori australiani e metodici tedeschi mi carico tutta
l'attrezzatura sulla bici ed esco a provare il tutto, per curiosità
vado dal contadino dove compero sempre le pesche che ha una grande
pesa e scopro che mi dovrò trascinare sulle curve dello Spluga 20kg
in tutto. Certo ho letto di viaggiatori che si trascinano carichi da
30kg e mi ritengo un pivello in scampagnata domenicale consapevole
che ancora una volta pedalare per una o due settimane in estate in
Europa è molto diverso che fare il giro del mondo. In più spedisco
a Londra un pacco di masserizie che mi serviranno nello specifico per
la LEL compresa la borsa necessaria per il rientro in aereo.
19 luglio 2013 Carpi-Bergamo
Come ho già scritto oggi compio 52
anni e in più percorro a ritroso la strada che mi ha portato dalla
città natale a quella odierna dove vivo con la famiglia da oltre 20
anni. Una tappa particolarmente simbolica quindi e che ho scelto
appositamente per iniziare questo viaggio. Avrei potuto attraversare
le Alpi, come molti fanno, da Aosta passando dal piccolo o dal gran
San Bernardo che sono comunque passi ampiamente sopra ai 2000 m ma
che hanno un approccio più graduale dello Spluga nel senso che
l'attacco alla salita vera e propria è molto più in alto e quindi
in termini di sforzo questo è ridotto di quasi 500 m di
dislivello....che dovendoli fare con questi carichi è sempre un
aiuto. L'altro aspetto che mi ha invece fatto preferire la via
svizzera è che le vallate fino a Basilea sono abbastanza
pianeggianti mentre per la strada valdostana si incontrano altre
salite sui 1000 m.
In ogni caso sono abbastanza emozionato
quando saluto mia moglie Susy, Gaia, Angelo e pure Big lo sfaccendato
gatto di casa.
La prima tappa è la più corta, meno
di 180 km, ed è totalmente pianeggiante e mi serve da prologo e
verifica dei nuovi assetti ciclistici. E' vero che il peso delle
borse si sentirà soprattutto in salita ma le prime sensazioni sono
tutto sommato buone. La vecchia Trek sculetta un po' quando salgo sui
pedali ma tutto sommato si va. Attraverso il Po con un senso di
definitivo distacco da quelle che oramai sono diventate le mie terre
e mi gusto le discrete ciclabili che la regione Lombardia ha
organizzato sull'argine del grande fiume. Credo che ci sia un
progetto di una pista ciclabile da Torino al delta del Po e mi sembra
un'infrastruttura indispensabile considerando quanto si sta facendo
all'estero per valorizzare le piste ciclabili e il cicloturismo
sfruttando appunto i corsi d'acqua. Anche le ciclabili sull'Adige
vanno in quella direzione. Comunque ad un certo punto la strada si
separa dal Po e punta su Cremona che raggiungo alle 13,30 giusto in
tempo per ritirare in un panettiere una spettacolare torta alle pere
e cioccolata che con una buona fetta di pizza rappresenterà il
lauto pranzo che consumo negli splendidi portici sotto al Torrazzo.
Guardo con commiserazione la Cremona-bene che consuma elegantemente
agghindata l'ennesimo spritz mentre io mi sento per una volta libero
di potermi comportare come voglio, protetto come sono dalle
convenzioni sociali dal mio status di ciclista pellegrino. Sono
felice. Non ho neppure un paio di chiavi fra tutte le mie masserizie
e questo mi da un senso di libertà indescrivibile.
Lo "struggente" addio... |
Piazza del Comune, Cremona |
Riparto velocemente verso Bergamo non
senza aver fatto una puntata a Soncino, causata in verità dalla
necessità di riempire le borracce ma che mi da la possibilità di
assaporare le bellezze di questo paesotto della bassa dove mai avrei
fatto sosta se fossi passato in macchina, ah magia della bici che
permette di compiere distanze automobilistiche ad una velocità
pedonale.
Me la prendo comoda e arrivo verso alle
18 nel caos cittadino, vengo accolto con calore dalla famiglia e mi
riassetto a dovere.
20 luglio 2013, Bergamo – Bad Ragaz
Quella di oggi è la prima vera tappa
del mio tour, anzi è la più dura in assoluto sulla carta. Sono
quasi 230 km con la famosa salita allo Spluga. Parto quindi di
buon'ora ma quando scorgo in via Broseta questa scritta su un muro
non posso non fermarmi per fotografarla.
In molti quando la mostro
pensano che l'abbia fatta io ma no, ormai non è più tempo per i
graffiti ed è un solo una fortunata coincidenza ammesso che la vita
possa essere vista in termini di casualità. Secondo un altro punto
di vista la scritta doveva essere lì e basta.
Graffiti in Berghèm |
Il traffico alle 6 di mattina di un
sabato estivo è abbastanza scarso e raggiungo rapidamente Lecco dove
supero agilmente il tratto di superstrada che mi aveva creato
qualche apprensione in fase di programmazione del percorso. Ho un po'
di vento contrario ma il panorama di quel “ramo del lago di Como”
mi fa arrivare velocemente a Colico e poi a Chiavenna. Incontro
parecchi ciclisti e con qualcuno spiego dove sto andando ricevendo
complimenti e sostegno. In verità qualcuno mi considera un po' fuori
di testa ma tutto sommato hanno anche qualche ragione. Arrivo
all'attacco della salita verso le 11 in mezzo ad un ingorgo totale,
per fortuna la maggior parte del traffico si srotola verso St
Moritz.
Le prime rampe
sono subito dure e vado spesso oltre al 10% alla faccia dei tanti
espertoni che, senza averla mai fatta, descrivevano la salita come
una paciosa camionabile militare con pendenze mai sopra il
7-8%...sticazzi, dopo pochi km il Garmin indica pendenze al 12-13%
che considerato il carico che mi porto mettono alla prova il mio
allenamento. In più fa caldo ed è sabato perciò mezza Europa
sembra attratta dalle curve di questo passo...i motociclisti sono,
come sempre, i peggiori. Io tendenzialmente rispetto tutti ma i
motociclisti mi muovono il sistema nervoso. Posso al limite capire il
cittadino scooterato che per dribblare il traffico cittadino va al
lavoro in moto ma questi obesi cinquantenni a bordo di motorazze
enormi e scoreggianti che ammorbano l'aria e smerdano gli ultimi
angoli di silenzio e pace delle Alpi proprio non li sopporto. Poi
arrivano in cima con l'aria soddisfatta e un po' affaticata e posano
in foto con pose da “ce l'ho fatta ,vecio” come se sgasare su una
motorazza da 100 cavalli comportasse qualche difficoltà.
Un altro disastro
sono i turisti dell'altitudine che invece di attraversare le Alpi sui
comodi trafori tipo San Gottardo devo passare proprio di qui, a 2100
mt, anche loro per rimirare il paesaggio che era tranquillo, prima
del loro arrivo. Adesso, io vengo da una famiglia di alpinisti e
aprrezzo la bellezza dell'altitudine e dei panorami in quota ma,
cavolacchio, se ti piace così tanto il panorama mettiti un paio di
scarpe e sali a piedi. I peggiori sono gli olandesi che in virtù del
totale piattume delle loro lande credo che considerino questa ascesa
oltre i 2000mt come un'esperienza mistica degna di Ildegarda von
Bingen e quidi la compiono con mezzi più disparati , i più abbienti
con comodi SUV e i peones con proletarie stationvagon cariche di
windsurf , bici (!!), e barbecue. Tutti costoro e anche qualcuno che
ci deve passare per forza perche magari ha casa da queste parti,
arrancano sulle strette curve dello Splugen Pass costringendomi a
respirare le loro ammorbanti esalazioni e impegnandomi in esercizi di
equilibrismo assolutamente indigesti. La salita è bella lunga,
intorno ai 30km per quasi 2000m di dislivello e ci metto quasi 3 ore
per averne ragione, poi arrivo allo splendido laghetto sormontato da
arcigne vette, ancora due o tre strappi e sono in vetta.
E' il primo
momento in cui sento che posso farcela a concludere questa folle
galoppata europea e mi butto sul versante svizzero con un misto di
euforia per l'ostacolo superato ma unito alla consapevolezza che mi
sto definitivamente avviando in territorio sconosciuto. Ma la
Svizzera mi accoglie con strade e paesini da cartolina e la discesa
verso Brig è veramente bella.
Peccato per il vento che mi soffia
sempre frontale; certo che Ulla, la mia ospite di Bad Ragaz mi aveva
avvertito, ma non ero preparato a tanta metodica e costante azione di
disturbo. Vado verso nord? Vento frontale...la valle gira verso est?
Il vento la segue tanto che arrivato ad un'ennesima biforcazione sono
tentato di prendere la direzione opposta a quella che dovrei tanto
per fregarlo. Il tutto conferma una mia convinzione: il governo e il
vento sono uguali...li hai sempre contro!
In cima al passo dello Spluga a 2114 m. |
Scendendo dallo Spluga sul versante svizzero |
Tra l'altro anche
il GPS è quasi scarico così lo centellino per poterlo usare nella
fase più complessa ovvero quella dell'individuazione della casa.
Gran invenzione quella del GPS e avere sempre delle buone tracce da
seguire è un grande aiuto in questi giri. Arrivo alla ridente e
ordinatissima cittadina termale di Bad Ragaz e constato quanto sia
distante dalla maccheronica traduzione di “bad boys” che me ne
ero fatto. Nuvoloni neri mi consigliano di alzare l'andatura e
infatti 10 minuti dopo il mio arrivo si apre il cielo...tutte le sere
alle 7 piove , mi spiega Ulla in un ottimo inglese e io penso che
siamo proprio in Svizzera e le nuvole devono adeguarsi alla
precisione imperante.
Ulla è il mio
primo contatto con Warmshowers ed è assolutamente positivo: bella
casetta pulita -doccia-cena vegetariana-lavatrice. Cosa voglio di
più?
Lei è una
psicologa cinquantenne nativa di Salisburgo che però si è da un
annetto licenziata visto che l'ospedale di Zurigo dove lavarova ha
chiuso il suo staff assegnandola a compiti per lei inaccettabili. Ha
preso la palla al balzo per fare il giro ciclistico della sua vita
ovvero gli States coast to coast. Certo ha impiegato 3 mesi e non i
10 giorni dei fachiri della RAAM ma viaggiando in completa autonomia
mi racconta di un'esperienza bellissima. Parla molto bene degli
americani, che soprattutto nei piccoli centri spesso l'invitavano a
casa senza neppure conoscerla e mi racconta con raccapriccio dei
venti dell'Oklahoma dove ha impiegato 10 ore per percorrere 40 km...e
io che mi lamento dei venticelli svizzeri. Passiamo la serata
gradevolmente conversando sull'impatto delle nuove tecnologie
informatiche su bambini e anziani. In verità è molto triste perchè
dice che gli svizzeri ancora dopo 20 anni la trattano da forestiera
perchè parla Alt Deutsch e non il volgare Swiss Deutsch...Poi
crollo, la giornata è stata dura ma sono cmq molto felice della
prima esperienza cicloturistica estera.
21 luglio 2013,
Bad Ragaz -Basilea
Nel disegnare le
tappe del mie percorso ho inserito dopo la tirata di ieri una tappa
decisamente più tranquilla: circa 200km praticamente pianeggianti
che attraversano la Svizzera da est a ovest.
In più Ulla mi ha lasciato come ultimo regalo una scorciatoia per evitare l'unica salita della giornata, in verità un colle di qualche centinaio di metri. Faccio la conoscenza delle famose ciclabili svizzere che all'inizio snobbavo ma che dopo un po' si rivelano molto comode.
Mi
spiegherà Christian, il mio contatto di Basilea, che il governo
svizzero ha investito moltissimo negli ultimi anni per favorire l'uso
della bici sia come mezzo di spostamento quotidiano sia come
promozione turistica. I risultati si vedono e da quel che ho noto le
ciclabili sono davvero molto presenti e ben tenute, raggiungendo il
top in questa galleria, credo fosse quella del treno, appositamente
asfaltata ed illuminata solo per i ciclisti che in effetti qui
abbondano nelle varie tipologie.
E' domenica mattina e a fianco delle
famigliole in passeggiata ci sono moltissimi ciclo amatori, certo le
salite da queste parte non mancano...peraltro fa molto caldo. Ammiro
questo distributore di fiori autogestito e lasciato all'onestà della
gente e penso cosa sarebbe di un'attività del genere in Italia.
Più
tardi, anche in Inghilterra, vedrò molti punti simili dove i
contadini vendono uova e latte sulla fiducia.Si prende quello che
serve e si lasciano i soldi nella cassetta .
In più Ulla mi ha lasciato come ultimo regalo una scorciatoia per evitare l'unica salita della giornata, in verità un colle di qualche centinaio di metri. Faccio la conoscenza delle famose ciclabili svizzere che all'inizio snobbavo ma che dopo un po' si rivelano molto comode.
Una pista ciclabile svizzera |
Pista ciclabile underground |
Fiorista self-service |
Zurigo ha una
posizione invidiabile, il lago è balneabile e il centro storico
molto bello..
è un po' la capitale e la periferia è molto industrializzata per fortuna oggi è domenica
, in più quasi
mezzogiorno e il traffico è nullo. Non trovo niente di aperto per
mangiare e mi è rimasta qui la voglia di un bel bagno nel lago così
quando dopo qualche km dopo Zurigo vedo gente che si bagna in un
fiume e subito dopo un bar balcanico decido che è venuto il momento
di fermarmi. Nel bar gestito da immigati della Macedonia mi gusto un
ottimo Burek, sfoglia alla ricotta, e poi mi getto in questo fiume
che è in verità lo scarico di una centrale idroelettrica dove
sarebbe vietato fare il bagno ma chissenefrega, infatti non c'è uno
svizzero tra i bagnanti dove spiccano lingue dell'est europa o
ispaniche e naturalmente italiche. Che la Svizzera fosse piena di
immigrati è cosa nota, che questi fossero molto legati alla loro
madrepatria l'avevo già notato l'anno scorso in occasione degli
europei di calcio quando molte macchine giravano con la propria
bandiera ben esposta. La forma più strana di questo nazionalismo di
ritorno è lo sventolio di bandiere di ogni nazione che sovrasta gli
orti pubblici nelle varie città.
è un po' la capitale e la periferia è molto industrializzata per fortuna oggi è domenica
Centro storico di Zurigo |
Orti familiari multi-etnici |
Altra cosa che mi
colpisce è il numero di rivendite di macchine usate tra l'altro a
prezzi bassissimi. Si capisce che qui avere una macchina per più di
4-5 anni sia considerato un segno di povertà e la corsa all'ultimo
modello comporta queste montagne di autoveicoli usati ai quali si
aggiunge anche qualche autorivendita di pacchiane macchine americane
che evidentemente riscuotono grande successo.
Arrivando a
Basilea e vicino al Reno si passa attraverso i cinque km del polo
chimico di Novartis-Basf-Bayer dove è concentrato il peggio della
produzione farmaceutico-industriale mondiale. Perchè questa è la
contraddizione di una nazione che da sempre trae guadagno dalla
finanza e dalla chimica ma che al suo interno mostra molti
atteggiamenti ambientalisti e di tutela delle minoranze e della
cultura tradizionale molto politically correct. Mi ricorda la
tendenza di molti urbanisti che presentano un ordinato centro storico
“come era una volta” e poi a 2 km lasciano libero sfogo a “non
luoghi “dove supermercati e capannoni industriali si susseguono tra
palazzine anonime e quartieri dormitorio.
Christian abita in
una bella casa di inizio secolo e fa da intermediario fra produttori
biologici ed equo solidali e le catene di supermercati. Qui infatti,
come in quasi tutta europa, non esistono specifici negozi di
Commercio equo e solidale come da noi. Mi spiega come mai, ad
esempio, nella catena Migros non vendono né alcolici ne tabacco: è
una scelta del fondatore da sempre confermata dagli azionisti. Avevo
scoperto questa stranezza ieri quando avevo cercato inutilmente una
bottiglia di vino rosso da regalare ad Ulla come costuma tra gli
ospiti di Warmshowers.
Christian ha
appena organizzato una fiera di bio-frutta esotica ed ha la casa
piena di papaya, avocado, mango ecc che propone in tutte le salse,
devo ammettere con buoni risultati. Visto che è esperto del settore
ecologico parliamo un po' del funzionamenteo di raccolta
differenziata in Svizzera: lui sostiene che non viene fatta molto
bene ed in effetti sono al 51%, in Italia al 35% e in Germania al 62%
e mi crolla un po' un mito, però afferma che in Svizzera stanno
lavorando molto sulla produzione degli imballaggi che siano poi
riciclabili pienamente. Ad esempio dice che le bottiglie di plastica
sono PVC al 100% il che le rende totalmente riutilizzabili al
contrario di quelle ibride.
Discorrendo di
queste ambili questioni io mi cimento in uno spaghetto all'italiana
e dopo usciamo in bici per una breve visita in centro. La cattedrale
è davvero molto bella in quella sua calda pietra rossa e la vista
sul Reno indimenticabile.
Tra le cose strane c'è un traghetto senza
motore che attaccato ad un cavo attraversa il fiume sfruttando la
corrente e dall'altra parte una serie di boe arancioni che si
dimostreranno essere uno dei principali passatempi estivi dei giovani
di Basilea. In pratica si sale di qualche centinaio di metri il
fiume, poi si mettono vestiti e asciugamano nella boa impermeabile e
ci si butta nel Reno lasciandosi trascinare dalla corrente,
abbastanza rapida, per uno o due km.
Durante la nostra passeggiata la
fila di boe, anche a gruppi, era pressochè continua ed erano le
22...e poi dicono che gli svizzeri sono monotoni. Certo bisogna dire
che Basilea divisa tra parte francese e tedesca è forse la più
aperta città svizzere. Rientriamo a casa e mi squaglio a letto.
Sul lungo Reno a Basilea |
Il Reno,le boe navigabti e la cattedrale |
22 luglio 2013,
Basilea – Contrexèville
Dopo aver speso
gli ultimi franchi in varie vettovaglie, tra le quali un ottimo
formaggio bio di Appenzell, mi avvio verso il confine francese che è
davvero ad uno passo. Entro in Alsazia, regione a lungo contesa con
la Germania e si vede subito, nella tipica fattura delle case
tradizionali, che l'influenza tedesca è stata importante, anche i
toponimi lo dimostrano. I paesini sono ben tenuti e molto fioriti,
noto con piacere che in molti villaggi hanno fioriere colorate lungo
le strade e spesso incontro giovani studenti impegnati nella loro
manutenzione o irrigazione.
Mi sembra un buon metodo per curare
l'estetica e far guadagnar qualcosa durante le vacanze. Dopo pochi km
incontro un cartello che avverte che il filare di platani sotto il
quale passerò è stato piantato nientepopodimenochè da Napoleone
III.
Non che questo pizzuto massone, come peraltro i suoi familiari, mi sia particolarmente simpatico tuttavio trovo che questo rivendicare la paternità di quattro piante sia molto francese e riveli un'attenzione sia per la storia che per la natura che noi italiani dovremmo forse apprezzare maggiormente. Pensate invece cosa lasceranno i nostri politici: i nostri nipoti vedranno cartelli con scritto “questa parte della Sardegna è stata spianata ad opera del Cav. Berlusconi oppure “state passando su un inutile superstrada costrituita per ottenere voti dall'on. Gava”.
Tipica casa alsaziana |
Non che questo pizzuto massone, come peraltro i suoi familiari, mi sia particolarmente simpatico tuttavio trovo che questo rivendicare la paternità di quattro piante sia molto francese e riveli un'attenzione sia per la storia che per la natura che noi italiani dovremmo forse apprezzare maggiormente. Pensate invece cosa lasceranno i nostri politici: i nostri nipoti vedranno cartelli con scritto “questa parte della Sardegna è stata spianata ad opera del Cav. Berlusconi oppure “state passando su un inutile superstrada costrituita per ottenere voti dall'on. Gava”.
Intanto io arrivo
a Belfort, cittadina sede della fabbrica di locomotive Alstom che
deve però attraversare un periodaccio visto che sembra un po'
depressa e con molti negozi chiusi.
Mi sto avviando peraltro in una
zona della Francia decisamente poco battuta e trafficata , e
latitano purtroppo anche i negozi come le Boulangerie che con la
loro ghiotta offerta di croissant e tortini rappresentano un'oasi per
i ciclisti erranti. Torna buona perciò la spesa svizzera che consumo
presso questa isolata fonte a St. Germain.
Continuo nel pomeriggio a pedalare tra colline e boschetti veramente poco trafficati , fa caldo e per bere, visto che anche le fontanelle sono scomparse, mi devo fermare a chiedere nelle case. Per fortuna sono in un paese dove il ciclista viene abbastanza rispettato anche se per strada non se ne vedono molti. E' appena finito il Tour del centenario e io mi cullo nella speranza, non so quanto reale, che gli spiriti locali siano ancora bendisposti verso i viaggiatori a pedali e non prevalga invence il senso di disagio e delusione causati dalle note e ripetute vicende di doping. Varco lo spartiacque, in verità molto virtuale, tra nord e sud della Francia.
Ma c'è anche questo bel roseto a Belfort |
Continuo nel pomeriggio a pedalare tra colline e boschetti veramente poco trafficati , fa caldo e per bere, visto che anche le fontanelle sono scomparse, mi devo fermare a chiedere nelle case. Per fortuna sono in un paese dove il ciclista viene abbastanza rispettato anche se per strada non se ne vedono molti. E' appena finito il Tour del centenario e io mi cullo nella speranza, non so quanto reale, che gli spiriti locali siano ancora bendisposti verso i viaggiatori a pedali e non prevalga invence il senso di disagio e delusione causati dalle note e ripetute vicende di doping. Varco lo spartiacque, in verità molto virtuale, tra nord e sud della Francia.
La frontiera: benvenuti al nord? |
In qualsiasi caso
arrivo in zona pernottamento con una certa trepidazione anche perchè
questa dovrebbe essere anche la mia prima vera notte da cicloturista
in tenda. Per l'occasione ho scovato, in questa zona termale vicina a
dove si imbottiglia la famosa acqua Vittel, un campeggio dal
simpatico nome “le tir aux pigeons”...ed il riferimento ad una
coppia di promessi sposi friul-padani non è puramente casuale. In
ogni caso il tiro al piccione lo subisco io quando scopro al termine
della mia traccia GPS una serie di anonimi condomini...evidentemente
ho sbagliato qualcosa ma oramai è tardi per recriminare e mi infilo
nel primo camping che trovo rassicurato dall'ottima fama dei campeggi
francesi. Invece questo posto, comunque decente, è in verità solo
una sosta per olandesi sulla strada del mare. Mi dicono che è
appunto a metà strada tra Amsetrdam e la costa azzurra e tutti si
fermano qui a dormire. Sarà in effetti una costante del mio giro
quella di avere a che fare con olandesi...comunque l'informazione
potrebbe anche risultare superficiale, ma comporta il fatto che il
campeggio è assolutamente sprovvisto di supporto alimentare visto
che tutti sono in camper/roulotte ma io ho una fame da bestia visto
che ho pedalato tutto il giorno con l'unico spuntino a base di
formaggio di Appenzello, ancorchè bio...lo stomaco brontola e mi
devo mettere in coda in un bugigattolo dove per un'ora soltanto
smerciano a prezzi esorbitanti patatine fritte, salsiccie e ravioli.
Cosa cavolo centrino i ravioli con queste cibarie da vichinghi
potrebbe essere argomento di dibattito che tuttavia preferisco
procrastinare anche perchè l'ostessa mi assicura che ce ne sono
anche di vegetariani. Si tratta in verità di vaschette surgelate che
vengono sparate direttamente nel microonde e servite così come sono
nella loro bella vaschetta in alluminio. Generalmente avrei molto da
ridire su tutti questi particolari ma sono in mezzo alle foreste dei
Vosgi e mi mangerei anche la bandiera olandese perciò abbozzo e mi
metto in coda in attesa dei miei ravioli. Dopo un quarto d'ora arriva
il mio turno e mi getto sulla vaschetta:grazie alla fame penso che
non sono malaccio anche se la parte sotto è ancora parzialmente
surgelata ...l'associazione con le patatine fritte è da arresto ma
questa sera va bene così. Un gelato confezionato conclude la magra
cena ma il pensiero del montaggio della tenda mi distoglie dai
problemi alimentari. Innanzitutto devo trovare un posto adatto, né
troppo vicino né lontano dalle docce e pianeggiante. In più lo chèf
del campeggio mi ha avvisato con aria sorniona che durante la notte
potrebbe piovere e perciò mi sconsiglia di sistemarmi sotto piante
alte immagino per problemi di fulmini. Cerco di richiamare tutti i
ricordi scoutistici e affronto l'argomento con un ragazzo ovviamente
olandese che, al contrario del capoccia, parla un buon inglese. Alla
fine decido che un angolino parzialmente protetto da due esili
betulle può soddisfare tutte le mie richieste e mi accingo al
montaggio. Ah ,se i nostri abili amici campeggiatori corsi , la
famosa banda di Covez&friends, fossero qui certamente eviterei
di trovarmi domattina a mollo o ad inseguire teli tenda svolazzanti o
ancor peggio bruciacchiato sa una volgare saetta. Invece dopo una
ventina di minuti, sottolineati da un remix di parolacce colto tra il
fior fiore della letteratura europea, la tenda è miracolosamente
montata e posso permettermi la meritata doccia. La soireè non è
certamente allietata dalle animazioni che ammorbano i campeggi
italici, scrocco invece una pompa a due ragazzi in viaggio verso il
sud della Francia, non uno qui che vada in Italia...e cerco di
sfruttare come una decina di soci il wi-fi della reception. Scena
surreale che anche il proprietario fotografa quella di un manipolo
silenzioso di internauti di varie età con smartphone o tablet in
attesa del segnale di vita...Naturalmente la linea è imballata e ci
si mette un quarto d'ora a scaricare una pagina perciò mi ritiro
nella mia tendina mentre all'orizzonte scorgo neri nuvoloni.
Durante la notte
naturalmente si scatenano un paio di temporalazzi giusto per
battezzare la mia tendina che, inaspettatamente, regge e alla
mattina posso ripartire fiero di aver superato anche la prova
campeggio...certo sono un po' sbattuto ma, mi dico, mi rifarò questa
sera a Reims, all'oscuro di quel che mi aspetta...
23 luglio 2013.
Contrexèville- Reims
Sette sono le
tappe della mia ascesa a Londra come i giorni della settimana e i
simboli alchemici che rendono questo numero così particolare ma
questa giornata me la ricorderò a lungo per altre ragioni.
Parto di buon
ora,sempre più affamato, dal mio campeggio e svaligio la prima
boulangerie che trovo per strada: devo impormi un limite perchè con
la fame che ho accumulato mi mangerei anche la cassiera. Dopo pochi
km incontro casualmente la casa natale di Giovanna d'Arco ma non ho
l'accortenza di fotografare lì la mia bici con la baguette appena
comperata, sarebbe stata una bella cartolina.
Poi procedo verso nord in un paesaggio abbastanza rilassante anche se noto che negozi e fontanelle sono sempre più rade alla fine mi fermo a pranzare in un giardinetto dove devo inseguire i resti del formaggio, bio, di Appenzello che stanno ormai cercando di scappare dalle borse...riparto soddisfatto dopo aver sentito notizie da casa, mancano 80km solo da Reims e mi immagino uno splendido panorama tra filari di viti e osterie dove lo Champagne scorre a fiumi. Invece sto attraversando, lo scoprirò solo dopo ahimè, la Marne una delle regioni più desolate del già scarno entroterra francese. Ho oramai elaborato una mia teoria sulla baguette come simbolo della Francia non solo alimentare ma anche geografico; come il pane nazionale secondo me anche la Francia è buona/bella all'esterno, Bretagna, Camargue, Savoia ecc. mentre è stopposa all'interno. Fa anche un caldo rognoso, 36/37 gradi, e la strada procede dritta tra continui saliscendi, non c'è un albero a pagarlo, solo campi di grano che aumentano il calore totale.
Acqua neanche a parlarne, avevo una
borraccia quasi piena ma con questo caldo bisogna continuamente bere.
Ad ogni collinetta mi dico: vedrai che dopo ci sarà un bel
villaggetto o almeno qualche casa...invece ciccia, strada dritta,
saliscendi, campi di grano,caldo da bestia. Inizio a preoccuparmi,
ogni tanto passa qualche camion e mi vedo già costretto ad
elemosinare loro un goccio d'acqua quando da lontano vedo qualche
casa...c'è anche l'insegna di un bar e mi rinfranco. Invece il
ristorante versa in condizioni disperate ed è tristemente chiuso,
sembra una di quelle scene da far west con le insegne semi-divelte
che cigolano sinistramente al vento. Certo, rimugino, in questo posto
semidesertico i clienti non dovevano abbondare...l'unica traccia di
vita, ma ne farei volentieri a meno, sono gli orribili
cacciabombardieri dell'esercito francese che passano rumorosamente in
cielo. Poi improvvisamente appare un golf, non ho ancora capito per
chi ma l'argomento si rivela assolutamente secondario visto che mi
fiondo conciato come un beduino nella rarefattta atmosfera della
club-house dove una elegantissima cameriera quasi sviene alla mia
improvvisa apparizione. Seppur schifata dalla mia mancanza di bòn
ton non può negarmi l'accesso ai cessi locali dove mi attacco come
una cozza al rubinetto. Riempio ogni borraccia e mi fotografo in
questo strano posto per essere sicuro di non aver vissuto un incubo.
A poco a poco ritorna la vita sulla strada, certo pretendere un
negozio di alimentari è troppo ma almeno c'è qualche umano. Poi
improvvisamente la mia stradina di campagna/deserto mi butta su una
statale battuta da traffico pesante, siamo a 25 km da Reims e
naturalmente le grandi città sono molto trafficate. La campagna
continua a essere semidesertica e delle blasonate vigne non c'è
traccia. Piste ciclabili neppure a parlarne, resto nei 20 cm a mia
disposizione tra la linea bianca e la micidiale sabbiolina esterna
nella speranza che gli orribili Tir abbiano pietà di me. Mi dico:
vedrai che adesso entro in qualche stradina tranquilla invece la
traccia continua così sino al centro di Reims, lascio la camionabile
e arrivo subito al Castello della Pommery con un salto estremo tra
inferno e paradiso.
Il centro è bloccato da una spiaggia estiva come
fanno da un po' di anni a Parigi.
Tutte belle cose se non le trovi
sulla traccia GPS dopo 10 ore di deserto assolato&assoluto.
Comunque arrivo alla casa del mio contatto, che chiamero Paul,
scoprendo che sui campanelli ci sono solo numeri. So che questa è
una pratica comune nelle grosse città ma il fatto che il mio ospite
non me ne avesse parlato nelle 7 mail scambiate acuisce i miei
sospetti. Già il fatto che il tipo mi rispondesse in un italiano
disastroso e non avesse il cellulare mi aveva messo in guardia,
infatti a Reims avevo anche un altro contatto disponibile ma poi,
anche per l'insistenza di Paul avevo deciso di andare comunque da
lui. Ma gli errori si scoprono spesso in fatale ritardo...
Poi procedo verso nord in un paesaggio abbastanza rilassante anche se noto che negozi e fontanelle sono sempre più rade alla fine mi fermo a pranzare in un giardinetto dove devo inseguire i resti del formaggio, bio, di Appenzello che stanno ormai cercando di scappare dalle borse...riparto soddisfatto dopo aver sentito notizie da casa, mancano 80km solo da Reims e mi immagino uno splendido panorama tra filari di viti e osterie dove lo Champagne scorre a fiumi. Invece sto attraversando, lo scoprirò solo dopo ahimè, la Marne una delle regioni più desolate del già scarno entroterra francese. Ho oramai elaborato una mia teoria sulla baguette come simbolo della Francia non solo alimentare ma anche geografico; come il pane nazionale secondo me anche la Francia è buona/bella all'esterno, Bretagna, Camargue, Savoia ecc. mentre è stopposa all'interno. Fa anche un caldo rognoso, 36/37 gradi, e la strada procede dritta tra continui saliscendi, non c'è un albero a pagarlo, solo campi di grano che aumentano il calore totale.
La Marne |
Alla club house del golf nel deserto |
La modesta "cave" Pommery |
Spiaggia urbana in centro a Reims |
Dopo la
giornatina, e la notte, che ho passato avrei proprio bisogno di una
sistemazione decente, di una buona doccia e di una buona mangiata ma
appeno entro in casa mi rendo conto di essere nel posto sbagliato. La
puzza, lo sporco e il disordine sono inquietanti e tutti i miei
sospetti sull'anfitrione vengono confermati. Paul, mi rendo conto, ha
qualche difficoltà di coordinamento motorio e capisco che abbia
anche qualche problema relazionale tutte dinamiche sulle quali, anche
vista la mia storia personale, sono assolutamente sensibile e
comprensivo. Mi racconta anche che che per raggiungere il lavoro usa
una spece di triciclo che però per le ferrovie francesi non è più
una bici e perciò non può caricarla a bordo ed è quindi, non
avendo la macchina, relegato a Reims dove lavora in un ente pubblico.
Capisco anche che questa attività di accoglienza per Warmshowers gli
permette di conoscere gente nuova ed è in effetti molto molto
disponibile anche nella visita alla città. Ciò premesso però il
ragazzo dovrebbe anche capire che un ciclista ancorchè stanco e
affamato non ha voglia di entrare in un bagno pieno di muffa ai muri
e lastricato di calzini e asciugamani puzzolenti o in un gabinetto
irrespirabile per l'urina rappresa ...che le due dita di unto che
sormontano ogni cosa in cucina non sono il massimo dell'igiene, che i
mucchi di pattume piazzati in ogni angolo e i secchi di cavolfiori in
putrefazione sul balcone non sono esattamente quello che uno vorrebbe
incontrare dopo 12, ma anche dopo 2, ore in bici. Paul si cimenta
poi in una specie di paella che malgrado io abbia specificato di
essere vegetariano, riempie di pesce. Veramente diceva di essere
vegetariano anche lui come affermava di conoscere l'italiano mentre
in verità ne mastica come io di francese, non sa nulla di inglese e
la comunicazione è veramente difficile in tutti i sensi. Visto che
non mangio il pastone mi prepara un p0' di riso in bianco, scotto,
che serve con un uovo all'occhio di bue che per quando ci mettiamo a
tavolo è freddo, non oso confessare che non ne mangio mai e
neppurecontrollare sulla scatola a quale era storica
appartenga.L'unico formaggio è di capra, che purtroppo è lunico
formaggio che non mi piace. La fame a questo punto è superata dal
disgusto. Anche il computer è totalmente sgarrupato, il divano che
sarà il mio giaciglio puzza come la cuccia di un cane. Mi sforzo di
considerare che a caval donato non si guarda in bocca e usciamo per
una visita alla famosa cattedrale, che fortunatamente è a 5 minuti
e poi al centro cittadino.
Tutto lì è molto bello ma onestamente
non mi godo molto la promenade, gli offro una birra in un bar e
“discutiamo” sulla situazione politica e sociale francese. Mi
spiega poi che non ho visto i vigneti dello Champagne perchè si
trovano sulle colline distanti da Reims verso Epernay. Ad un certo
punto peròdobbiamo rientrare e per fortuna che sono così stanco
che dormirei anche sui gradini di casa. Alla mattina Paul deve
alzarsi presto per andare al lavoro ma fa ancora in tempo ad
offrirmi una colazione a base di caffè all'americana bruciato, e
soprattutto la famosa torta al rabarbaro che tanto mi aveva
millantato la sera prima come specialità del nord della Francia dal
quale proviene. La torta fa veramente schifo e l'assaggio per
gentilezza ma dopo un forchettata la lascio lì perchè non vorrei
stare male...di solito mangio di tutto ma questo posto mi fa
rimpiangere la caserma di Pisa. Saluto e ringrazio e salto in bici
veramente contento di lasciare Reims in generale e Paul nello
specifico. Tutt'oggi non so cosa scrivere nel feedback che, come ho
scritto, regola tutta l'organizzazione di Warmshowers: dopo ogni
visita sia ospite che ospitante sono infatti invitati a definire il
contatto come “responsive o non responsive” e per Paul non so
proprio cosa fare. Se dovessi fare come comanda il cuore marchierei
il suo profilo facendogli perdere questa importante fonte di
socializzazione d'altra parte vorrei anche che capisse che un mnimo
di igiene e pulizia in più non guasterebbero. Vedrò di inviare un
feedback cerchiobottista anche perchè questa dei feedback è
comunque un'azione importante e sembra, per assurdo, l'ultimo mezzo
realmente democratico lasciatoci da questa società schiacciasassi.
La cattedrale dove storicamente veniva incoronato il re di Francia |
24
luglio 2013 , Reims- Aire sur la Lys
Non ho visto il film “Giù al nord”
e spesso ho parlato con i miei ospiti delle motivazioni di questo
film che ha ispirato il nostro “Benvenuti al sud” ma mi sembra
che i luoghi comuni su entrambe le situazioni siano assolutamente
paralleli. Forse gli abitanti del nord della Francia sono davvero più
freddi e scostanti rispetto a quelli del sud ma per la mia esperienza
devo dire che l'ospitalità ricevuta da Veronique compensa , c'è
sempre una compensazione nella vita, quella di Paul. Però prima ci
devo arrivare e sono altri 220km di campagna francese.
La strada è
ormai quasi completamente pianeggiante anche se naturalmente il
termine ha un significato diverso da quello padano, la Francia, l'ho
già detto, è tutta una collina e l'unica cosa che cambia è se i
saliscendi sono di 100, 30 o 10 metri ma sempre saliscendi sono.
Comunque dopo un po' ci si fa l'abitudine come a tutto a questo mondo
e ci si impara ad organizzare logisticamente approfittando, quando si
trovano, di negozi e fontane sapendo che per una o due ore magari non
se ne troveranno altre. Fa anche un po' meno caldo, certo quando si
passa sulle strade di gran traffico i disagi non mancano a causa del
traffico pesante e infatti in uno di questi punti subisco l'unica
foratura del viaggio. Ci può stare in 1400km. Riparo e verso sera
sono da Veronique in questo paesino del “Nord-Pas-de-Calais”.
L'nica pianta di vite che vedo in Francia...dal fiorista. |
La morte della pizza: distributore automatico.. |
Lei è una cinquantenne che ha messo l'inserzione su Warmshowers
qualche anno fa quando il figlio con la fidanzata hanno fatto un
lungo viaggio in bici utilizzando i servizi dell'organizzazione. Poi
ha comunque lasciato la propria adesione perchè è anche lei senza
lavoro e così si distrae un po'. Mi torna in mente Ulla, la
psicologa svizzera di Bad Ragaz, e non posso non cogliere i
parallelismi tra queste due simpatiche signore entrambe senza lavoro.
Veronique lavorava come manager per una grossa ditta che ha
dimezzato negli ultimi anni il personale, anche lei ha avuto una
specie di cassa integrazione e naturalmente ha messo da parte due
soldi perciò vive ancora bene ma indubbiamente questo destino di
disoccupazione, che mi dispiace notare sembra colpire soprattutto le
donne di una certa età, non rappresenta una buona prospettiva
sociale per la nostra ricca Europa. In più il suo unico figlio è
andato a vivere a Avignone e sul compagno/marito non fa alcun
accenno. Malgarado ciò è veramente una splendida persona, parla un
buon inglese. cucina molto bene ed ha una casa molto curata nonché
un ciliegio carico di ottimi frutti in giardino. E' inoltre
appassionata di randonnèe ma a piedi, attività molto diffusa in
Francia, dove gruppi di camminatori si ritrovano per coprire, in
gruppo o in solitaria , lunghi percorsi in zone paesaggisticamente
interessanti. Qui nella recensione parlo di “ospitalità a cinque
stelle” e visto il contesto non corro il rischio di implicazioni
politiche...
25 luglio 2013, Aire sur la Lys – Loughton
Fin dal momenteo della pianificazione di questo viaggio avevo capito
che questa ultima tappa avrebbe rappresentato uno scoglio poco
digeribile. Il traghetto da Calais a Dover, le trafficate strade
verso Londra e l'attraversamento del ponte di Dartford
rappresentavano variabili che avevo approfondito su internet col
risultato di avere più dubbi che certezze. Certo avevo trovato un
percorso alternativo per evitare il più possibile la famigerata A2 ,
superstrada Dover-Londra, e sapevo che per passare il ponte di
Dartford dovevo arrivare in un checkpoint all'ingresso del tunnel e
chiamare qualcuno dello staff che mi avrebbe caricato in macchina e
portato gratuitamente dall'altra parte perchè così recita lo
statuto del ponte. Tutte cose teoricamente semplici ma sulle quali i
resoconti dei viaggiatori avanzavano vari dubbi.
Comunque lascio a malincuore Veronique dopo un pantagruelica
colazione e mi dirigo verso Calais dalla quale mi separano solo una
sessantina di km, sulla strada compro e fotografo l'ultima baguette
e passo davanti alla bella cattedrale di Saint Omer.
Verso le 10,30 sono in porto e scopro che il primo traghetto libero partirà alle 13 il che fa sfumare definitivamente ogni speranza di essere al campeggio entro le 19, ora di chiusura della reception, anche contando sul favorevole fuso orario. Compro il biglietto e mi metto in fila con un guazzabuglio totale di mezzi di ogni genere. Mi dicono che il famoso “Chunnel” costa 200€ e vedo che il buon vecchio traghetto è ancora il mezzo di trasporto più usato. Una gentile addetta riesce a farmi salire sul traghetto delle 11,35 e io brucio tutte le code piazzandomi in pole position e salendo tra i primi a bordo dove scopro che ahimè non ci sono posti in coperta e mi dovrò smazzare l'ora e mezzo inscatolato all'interno malgrado la bella giornata di sole. Consumo la mia ultima baguette e in poco tempo inizio ad intravedere, con una certa emozione lo ammetto, le bianche scogliere di Dover.
L'uscita del porto non è esattamente pensata per i ciclisti che in effetti non devono essere moltissimi comunque mi fermo qualche minuto sul lungomare anche per realizzare che, essendo in terra inglese, d'ora in poi dovrò tenere la sinistra.
e passo davanti alla bella cattedrale di Saint Omer.
Verso le 10,30 sono in porto e scopro che il primo traghetto libero partirà alle 13 il che fa sfumare definitivamente ogni speranza di essere al campeggio entro le 19, ora di chiusura della reception, anche contando sul favorevole fuso orario. Compro il biglietto e mi metto in fila con un guazzabuglio totale di mezzi di ogni genere. Mi dicono che il famoso “Chunnel” costa 200€ e vedo che il buon vecchio traghetto è ancora il mezzo di trasporto più usato. Una gentile addetta riesce a farmi salire sul traghetto delle 11,35 e io brucio tutte le code piazzandomi in pole position e salendo tra i primi a bordo dove scopro che ahimè non ci sono posti in coperta e mi dovrò smazzare l'ora e mezzo inscatolato all'interno malgrado la bella giornata di sole. Consumo la mia ultima baguette e in poco tempo inizio ad intravedere, con una certa emozione lo ammetto, le bianche scogliere di Dover.
L'uscita del porto non è esattamente pensata per i ciclisti che in effetti non devono essere moltissimi comunque mi fermo qualche minuto sul lungomare anche per realizzare che, essendo in terra inglese, d'ora in poi dovrò tenere la sinistra.
Non che questo sia per me una novità avendo già guidato la macchina
in UK ed anzi avendo provato l'ebbrezza della guida a sinistra anche
a Malta e vi assicuro che lì senza indicazioni , cartelli o segnali
è molto complicato soprattutto quando si affrontano le rotatorie. Se
ce l'ho fatta lì, come recita la canzone New York,New York , posso
farcela ovunque ma certo la bici è un'altra cosa. Dover comunque è
così trafficata in queste calde giornate estive che ho ben altri
problemi che quelli della sinistra, anche qui il rischio maggiore è
quello di essere arrotati vista la completa assenza di piste
ciclabili, per fortuna dopo pochi km la traccia alternativa mi porta
nella splendida campagna del Kent tra verdi pascoli e boschi
lussureggianti, certo le strade sono strette e c'è qualche strappo
insolente ma il panorama ripiana ogni difficoltà.
Ad un certo punto
però ecco l'imprevisto: a causa delle forti piogge invernali la
strada è crollata e mi ritrovo a vagare senza traccia per queste
stradine di campagna senza alcuna indicazione. Boschi, salite secche
e discese pericolose mi fanno un po' appannare il fascino della zona
ma dopo qualche km di vagabondaggio ritrovo la retta via. Vallate
lussureggianti e boschi secolari, non direi mai di essere a 50km da
Londra. Capisco perchè la nobiltà inglese ha preso dimora da
queste parti, le uniche dove si produca vino ad esempio in tutto il
Regno, tanto per apprezzarne il clima.
Casetta di campagna in Kent |
In ogni caso tutto questo relax bucolico finisce e ad un certo punto
vengo sputato sulla famigerata A2. A pochi km, anzi a poche miglia,
scorre parallela l'autostrada a 4 corsie M2, una delle più
trafficate in Europa. Essendo gratuita spero che molti la
preferiscano alla statale purtroppo anche qui il traffico è
sostenuto e mancano assolutamente spazi ciclistici. Più ci
avviciniamo a Londra più i guidatori tendono a esibire una grinta
degna della pole position di Montecarlo: la mia teoria è che più
abiti in una grande città più la legge della sopravvivenza ti
obbliga ad una guida aggressiva e visto che Londra è la città più
grande dell'Europa presagisco ore turbolente.
Il
buon David Byrne nel suo ottimo “Bicycle diaries” spiega che
secondo lui una buona biciclettata nei pressi di una città spiega
molte più cose sugli abitanti che un trattato di sociologia. Lui
considera la prospettiva urbanistica ma io estremizzo ancor di più
l'idea e penso che basti in effetti guardare come funziona il
traffico, quali macchine ci sonoe in che modo vengono usate. In ogni
caso è chiaro che le strade londinesi sono state fatte da razionali
marinai che incentiva(ro)no l'uso dei mezzi pubblici o quelli privati
ma non le bici. L'attraversamento di Chatham e Rochester è
particolarmente audace e si tratta di buttarsi all'arma bianca nel
traffico frenetico “ à
la guerre comme à la guerre ”.
Il già citato prof. Sykes nel suo libro già metteva in guardia da
questi attraversamenti in ogni caso la dea protettrice, ce be sarà
ben una, dei cicisti me la manda buona e approdo vivo in zona ponte
di Dartford. Su questo passaggio ho già accennato, è un ponte a
pagamento che rappresenta l'unico passaggio dal Kent attraverso il
Tamigi, che qui è ancora molto largo, perciò tutto il traffico
dell'est di Londra passa di qui. Il traffico come di vede è
sostenutissimo e trovare il punto dal quale fare la chiamata di
aiuto non è facilissimo. Si vede che questo servizio, che come
scritto deve essere prestato gratuitamente non viene,
comprensibilmente, incentivato.
Comunque
presso un casello c'è il famoso telefono , e bisogna usare proprio
quello altrimenti non vale, e dopo una decina di minuti arriva una
corpulenta e simpatica addetta che alla guida di un altrettanto
corpulento SUV ti invita ad appendere ad una rastrelliera esterna il
ciclo e a salire a bordo. Ripensandoci a posteriori sono arrivato
alla conclusione che la dea protettrice dei ciclisti erranti sia lei
visto che si infila in un misterioso tunnell di servizio che
bypassando il lungo e alto, 160 mt, ponte mi trasporta sulla sponda
nord. Nel frattempo la semi-dea conferma che attraversare la zona di
Chatham e i sobborghi londinesi in bici non è da tutti “you've
got to be a brave”, sentenzia, visto che i guidatori locali guidano
come dei matti: intanto che lo dice uno di questi arrapati della
velocità, taglia la strada a folle andatura malgrado lei abbia un
mezzo di servizio ampiamente e vistosamente segnalato. Borbotta che
dovrebbe multarlo ma lo dice con il tono di chi ha perso ogni
speranza. La profetessa alla quale confido di bere birra solo qui a
Londra, mi illumina confermando da esperta che prendere una balla
raramente è molto più piacevole che essere sempre sbronzi...poi
impietosita prolunga il passaggio di un qualche km ,visto che
l'incrocio sotto al ponte è un “total chockablock”
espressione in slang che non conoscevo ma il cui onomatopeico
significato non mi sfugge. Che si tratti di un completo ingorgo
peraltro lo vedo anche con i miei occhi, per fortuna c'è una
stradina riservata alle bici che pietosamente ti guida fuori da
questo caos e al saldo di qualche attraversamento al cardiopalmo
riesco a raggiungere strade un po' più tranquille.
In verità ho
capito che in Inghilterra non esistono propriamente autostrade con
caselli perciò tutti, teoricamente anche le bici, potrebbero
andarci, a proprio rischio e pericolo. Anche durante la LEL ci
capiterà infatti di dover attraversare qualche autostrada. Dopo aver
perso qualche anno di vita mi ritrovo comunque a pedalare verso la
periferia nord di Londra con i pensieri che ho riportato più sopra.
Total chockablock al ponte di Dartford |
In ogni caso ormai è il tramonto e i
bollenti animi dei guidatori indigeni stanno sbollendo di fronte a
una o più pinte di birra il che mi permette di raggiungere con
relativa calma la zona della foresta di Epping dove si trova il
nostro camping. Zona di golf e ville da miliardari decisamente
diversa dallo standard londinese cmq mentre ormai il sole sta calando
entro trionfalmente nella Debden house e posso piantare la tenda
sotto una secolare quercia nella zona riservata
a noi partecipanti alla LEL. Naturalmente non c'è per miglia alcun
posto o negozio dove acquistare cibo ma ho ancora qualche scorta e mi
accontento di essere arrivato vivo e vegeto e nei tempi previsti al
primo traguardo londinese. Tra meno di tre giorni ripartirò per
altri 1400 km questa volta da fare “a balla” ma intanto mi sono
trascinato tenda, bici e ossa per mezza Europa in sette giorni e mi
gusto un buon sonno ristoratore.
Il primo arrivo a Londra |
26 luglio 2013 Epping Forest
Mi sveglio nella mia tendina arancione in mezzo a questa enorme
radura e guardo incredulo alla mia bici quasi stentando a credere che
queste due ruote con tre tubi spinte dalle sole forze delle mia
gambe mi abbiano fatto arrivare fino a Londra. Sono venuto in questa
città innumerevoli volte e con i mezzi più strani tra i quali i
famosi pullman in servizio sulla linea Atene-Londra organizzati da
tale Korakiddis che aspettavamo per ore in stazione centrale a
Milano,ma mai avrei pensato di arrivarci in bici dall'Italia ma
...mai dire mai nella vita. Intanto che riprendo contatto con la
realtà capisco che ho una fame da lupo e mi dirigo verso la
cafeteria all'ingresso. Qui tutto tace e benchè siano passate le
sette la guardia all'ingresso dorme profondamente e non c'è traccia
di alcuna apertura nel bar. Ispeziono la lavanderia e le altre
“facilities”, torno all'ingresso ma la guardia continua a roncare
alla grande perciò capisco che se voglio sfamarmi devo uscire da
qui. Non che nei pressi del campeggio, come avevo notato già ieri
sera al mio arrivo, ci sia una particolare offerta alimentare: devo
pedalare per qualche km fino a Loughton pr trovare un bar aperto dove
consumare qualcosa...naturalmente il posto si chiama “I fratelli
del caffè” e sono inevitabilmente tutti italiani.
Controcorrente
mi bevo il primo tè, non prima di aver ricevuto la classica
occhiataccia mista di incredulità e commiserazione dalla barista
alla quale spiego come e cosa sono venuto a fare a Londra. Con lo
stomaco risollevato e dopo aver acquistato qualche cibo faccio
ritorno al campeggio dove ho la conferma che la gestione è in mano a
degli avvoltoi incapaci. Avevo avuto avvisaglie di ciò nei mesi
precedenti alla LEL: il mio problema era quello di far recapitare un
pacco nel quale avrei spedito la borsa per contenere la bici al
rientro e altro materiale ciclistico. Avevo quindi cercato di
contattare il campeggio ma nessuno rispondeva alle mail. Quando
infine si degnano di farlo mi chiedono per la semplice accettazione
del pacco 30 pound (circa 36 €) alla settimana. .. con sti cazzi
che glieli mando, penso, e infatti il buon Danial, l'organizzatore
della LEL, risponde che il pacco posso mandarlo a lui che me lo
porterà alla partenza. Che quindi si trattasse di sciacalli già era
chiaro ma la misura di questo mi risulta chiara quando lascio il
cellulare in ricarica nell'ufficio. Torno dopo un'oretta e la
segretaria ha la faccia tosta di chiedermi un pound e mezzo per la
ricarica , che tra l'altro non era neppure avvenuta perchè la presa
era tutta storta. Nel frattempo arriva un ciclista italiano, tale
Marco di Roma, che ha impiegato 12 ore per arrivare dall'aeroporto
di Stanted a qui e visto che sono 15 km capisco che avuto parecchi
problemi. Infatti ha dovuto faticare non poco per riavere la bici poi
dopo averla montata gli sono esplose in pochi km entrambe le camere
d'aria, evidentemente ha dimenticato di sgonfiarle prima di caricarle
in aereo. In più erano camere d'aria antiforatura, quelle con lo
slim dentro,e naturalmente l'eplosione ha smerdato ogni cosa.
Malgrado tutto ha conservato il buonumore tipico romano quindi
l'accompagno verso la mia quercia e nel frattempo facciamo
conoscienza. Lui e' un atleta vero, lavora al centro olimpico,
purtroppo una decina di giorni fa ha subito una frattura scomposta al
piede giocando a calcio ma ormai aveva già fatto molta propaganda,
anche tramite al suo club, sull'impresa LEL con tanto di stampa di
t-dhirt perciò non se l'è sentita di rinunciare. Io penso che sia
mezzo matto a cercare di fare questo impegnativo brevetto con il
piede messo così ma è quello che in effetti pensa la maggior parte
delle persone anche di di me.... in effetti Marco ce la farà
benissimo a tornare a Londra concludendo la LEL sulle 90 ore.
I don't drink coffee I take tea my dear... | I'm an alien I'm a legal alien I'm an Italianman in London |
Mentre monta la tenda prendo accordi con un altro Marco, questo
invece di Milano, per vederci in centro a Londra dove devo acquistare
delle cose. Le comunicazioni purtroppo non sono facilissime e devo
constatare che nel cuore della tecnologia occidentale le reti 3G
fanno schifo e connettersi a Internet è tuttaltro che facile, e che
i tanto decantati free wi-fi spot in verità o non vanno o sono
lentissimi. Comunque ci diamo una punta sotto la classica statua di
Eros a Piccadilly
e poi saliamo insieme a mangiare qualcosa al
mercato etnico di Camden dove aggredisco uno dei migliori felafel
della mia carriera. Visto che sono a Londra ho anche il permesso da
me stesso di bere un paio di pinte di ale, sì perchè da 10 anni non
bevo più alcool con la consueta deroga italiana appunto alle mie
permanenze a Londra... sarà questa la ragione per cui sto cercando
casa da quelle parti? Certo che siamo un bel trio e naturalmente
parliamo principalmente di Randonnee ma non solo:
Marco di Milano è
decisamente meno competitivo del suo omonimo romano e punta
semplicemente a finire il brevetto in tempo utile. Lo lasciamo per
rientrare nella foresta mentre lui va a caccia di emozioni musicali.
Fa un caldo insolito per Londra, quasi 35 gradi, e in metropolitana
manca letteralmente l'aria.
Sotto la statua di Ramazzotti... |
Cheers...tra Roma e Milano |
Camden market |
Rientrando notiamo che nel frattempo il campeggio si è notevolmente
riempito di riders di ogni dove e scopriamo un'altra famiglia
toscana in camper con padre ciclista e gli altri turisti. Io invece
faccio conoscenza con Olaf un roccioso tedesco di Lipsia che ha
piazzato la macchina a fianco della mia tenda.
Durante la notte nella parte adiacente al nostro settore nel
campeggio succede di tutto: sembra infatti che tutti gli ultimi ex
hippy e fricchettoni londinesi con pargoli e chitarre al seguito
abbiano preso d'assalto la foresta per cercare refrigerio, bella idea
se non fosse che verso le 22 iniziano a urlare come scimmie nella
jungla alle prese con non so quali giochi di gruppo, poi cantano.
suonano e insomma fanno casino fino alle due/tre di mattino in barba
ai severi regolamenti del campeggio, d'altronde se il controllore è
la guardia che dormiva della grossa questa mattina capisco perchè le
speranze di veder rispettato il nostro sonno atletico risultino
assolutamente vane.
27 luglio 2013 Epping Forest
Di mattina presto andiamo con Marco di Roma all'iscrizione che in
effetti è molto rapida e prendiamo i primi contatti con
l'organizzazione che sembra veramente ottima. Siamo all'interno di
una scuola e a parte l'effetto deja vù per un insegnante come me
devo ammettere che le attrezzature inglesi sembrano molto più
razionali delle nostre, certo rabbrividisco quando scorgo questo
cartello che invita ad entrare con l'uniforme a posto nell'ufficio
della direttrice..
.l'impressione di essere in caserma è molto forte. Ad ognuno vengono dati poi un paio di sacchetti policromi da usare per i bag drop: ognuno deve pesare max 2,5 kg, ma non controllano un granchè malgrado una minacciosa bilancia elettronica. A quale controllo spedire la merce è una delle mosse della partita a scacchi del brevetto: io scelgo Thirsk ed Edinbourgh e alla fine dei conti penso di aver fatto una buona giocata.
.l'impressione di essere in caserma è molto forte. Ad ognuno vengono dati poi un paio di sacchetti policromi da usare per i bag drop: ognuno deve pesare max 2,5 kg, ma non controllano un granchè malgrado una minacciosa bilancia elettronica. A quale controllo spedire la merce è una delle mosse della partita a scacchi del brevetto: io scelgo Thirsk ed Edinbourgh e alla fine dei conti penso di aver fatto una buona giocata.
Le sacche per i bag drop |
Fuori ci sono le bici più strane, forse non così eccentriche come
alla PBP ma anche qui ci danno dentro, visti vari siluri-recumbent e
bici d'epoca ma il più strano è un ragazzo con un grande cestino
nel quale stazionano due simpatici cani di media taglia...mi dicono
che sia riuscito a raggiungere Edimburgo con quella compagnia.
L'atmosfera in generale è veramente gradevole e poliglotta e 34
nazioni sono davvero tutto il mondo. Io avevo in programma di tornare
in centro a Londra ma resto lì affascinato dal movimento, ogni tanto
c'è anche italiano e ricordo a tutti che per la sera alle 19 ho
organizzato in un pub lì vicino una bicchierata tanto per conoscerci
un po' visto che con gli orari di partenza così sfalsati rischiamo
di non incontrarci mai. Incontro anche Claudia di Vicenza , già
conosciuta tramite la nostra pagina su Facebook. E due ragazzi di
Bergamo uno dei quali è stato addirittura a casa mia a Bled in
Slovenia, come è piccolo il mondo. Poi vado al supermercato a
Loughton per comprare gli ultimi cibi e all'uscita incontro un
ciclista chiaramente spaesato. Gli chiedo, retoricamente, se è qui
per la LEL e se ha bisogno di una mano così conosco Mino che
reincontrerò durante il brevetto. Mi offro per accompagnarlo intanto
a mangiare qualcosa e a rimontare la bici e poi alla scuola per
l'iscrizione. E' uno tosto e si sente che non è venuto qui tanto per
arrivare. Poi rientro in campeggio anche perchè ho promesso a Marco
di accompagnarlo dal ciclista del campeggio che, adeguandosi al
locale stile ladrocinesco, si intasca 20 £ per raddrizzargli il
forcellino. Intanto gli sgherri all'ingresso controllano tutti anche
all'interno con modi da inquisizione. Per fortuna uno di loro, nella
disorganizzazione imperante, mi ha dato il braccialetto verde che
funziona da pass e mi evita di versare altri 10 £ che questi
pescecani vorrebbero grassarmi per essere arrivato un giorno prima.
Ho scoperto nel frattempo che ste sanguisughe ci hanno prelevato 90
sterline per 7 giorni di campeggio, più dei metà dei quali saranno
da noi passati a pedalare tra le brume scozzesi, quando tutti gli
altri post-fricchettoni ne spendono solo 8 al giorno. Mi sono fatto
quindi un punto d'orgoglio nel non farmi scucire un pence in più da
questi ladri e alla fine ce la farò.
Nel pomeriggio compare nella sua brillante BMW Alberto, un giovane
manager di Lecco, anche lui partente per Edimburgo. Approfittiamo
della sua comoda macchina per andare al ritrovo con gli altri
italiani al pub che però viene funestato da un violento nubifragio
che ci costringe all'interno e scoraggia parecchi connazionali che
sarebbero venuti in bici: quelli presenti sono raccolti in questa
foto ricordo.
Conosco anche di persona Pietro di Milano che avevo
conosciuto via mail anche lui con moglie e figlie al seguito. Dopo
una pinta rientriamo velocemente in campeggio: domani si parte e non
vogliamo eccedere come faranno invece alcuni tedeschi che incontro
strada facendo il giorno dopo e ammettono che forse alzare il gomito
in bevute alla Oktoberfest la sera prima di un brevetto da 1400 km
non è il massimo. Ma va?
Purtroppo l'obiettivo era un po' appannato |
28 luglio 2013 LEL primo giorno: Loughton- Brampton
Eccoci finalmente alla data attesa e preparata da mesi.
Certo perchè un brevetto di questo genere, che richiede una notevole preparazione fisica e logistica, va preparato con attenzione e cura meticolosa dei particolari. Abbigliamento, alimentazione, integratori, bici, luci, GPS, borse e bag drop e motivazione . Per ognuno di questi argomenti si potrebbe aprire una lunga discussione e basta andare sui forum in internet per farsene un'idea, se si iniziano a leggere anche quelli stranieri poi non si finisce più. Ovviamente c'è anche chi parte alla garibaldina, con un GPS mai usato o una bici prestata da un amico e magari ce la fa anche come il mio amico Marco di Roma che, come scritto, parte con una frattura scomposta al piede tenuta insieme da una fasciatura e monete da due euro...io non riesco e anche se nella vita sono un casinista per queste cose tendo a essere abbastanza pignolo. Poi è chiaro che ci vuole anche un po' di fortuna e che la forza mentale è determinante.
Certo perchè un brevetto di questo genere, che richiede una notevole preparazione fisica e logistica, va preparato con attenzione e cura meticolosa dei particolari. Abbigliamento, alimentazione, integratori, bici, luci, GPS, borse e bag drop e motivazione . Per ognuno di questi argomenti si potrebbe aprire una lunga discussione e basta andare sui forum in internet per farsene un'idea, se si iniziano a leggere anche quelli stranieri poi non si finisce più. Ovviamente c'è anche chi parte alla garibaldina, con un GPS mai usato o una bici prestata da un amico e magari ce la fa anche come il mio amico Marco di Roma che, come scritto, parte con una frattura scomposta al piede tenuta insieme da una fasciatura e monete da due euro...io non riesco e anche se nella vita sono un casinista per queste cose tendo a essere abbastanza pignolo. Poi è chiaro che ci vuole anche un po' di fortuna e che la forza mentale è determinante.
Comunque sia malgrado abbia messo la sveglia alle 5, la mia partenza
infatti è alle 6,30 , vengo svegliato alle 4 dai lealisti che si
stanno muovendo per arrivare al prologo davanti a Buckingham Palace
alle 6...in un primo momento mi ero iscritto anche io poi ho
desistito considerando la mia scarsa, se non nulla, stima per la
corona inglese nonché la ancor più scarsa voglia di sciropparmi
60km extra nel traffico londinese. E questa mattina sono proprio
contento della mia scelta..ha anche piovuto un poco questa notte e mi
godo un'oretta in più nel caldo abbraccio del mio sacco a pelo in
seta.
Alle 6,15 sono alla scuola della partenza ma mi attardo in zona
ristoro o parlando con qualche connazionale e arrivo alla griglia di
partenza appena in tempo, intanto che accendo il GPS e mi finisco di
svegliare i primi del nostro gruppetto di 50 se la stanno già
filando via....altro che partenza relax e” ma dai ci sono ancora
1400 km e non siamo mica come gli italiani malati di granfondo”...sti
cazzi, questi menano di brutto e devo inseguire per 4/5 km per
raggiungere i fuggitivi tra i quali si notano un energumeno tedesco
con lo scatto fisso, un minuto giapponese con una Colnago, votato al
martirio rituale e un paio di spilungoni californiani, c'è anche un
russo che fa l'elastico sulle colline che attraversiamo. Superiamo a
doppia velocità un paio di ragazzi, molto pubblicizzati che stanno
facendo il giro sulle ElliptiGo, bici sulle quali si pedala correndo,
saranno anche ergonomiche ma vanno anche molto piano. L'andatura è
di tutto rispetto, anche grazie al vento favorevole, e raggiungiamo
il primo controllo a St Ives dopo 100 km in tre orette. Io rimango
religiosamente a ruota e visto che ci sono i soliti eroi che vogliono
mostrare i muscoli lascio fare, d'altronde questa è la mia tattica
di gara usuale: all'inizio andare a manetta sfruttando le scie
altrui, poi vado del mio passo o con altri se l'andatura è buona.
Mangio e bevo qualcosa e quando riparto naturalmente il gruppetto si
è già dissolto ma so per esperienza che almeno nelle prime ore si
trova facilmente qualcun altro. Il paesaggio è bellissimo, colline,
boschi, paesini e saliscendi , il vento spinge vigorosamente da sud e
arrivo al secondo controllo di Kirton dopo 2ore e 20 a 34 all'ora di
media , alla faccia delle medie dell'Audax. Pedalando mi si affianca
uno dei californiani che si rivela essere Massimiliano, un
connazionale che da una ventina d'anni lavora nella famosa Silicon
valley. E' la seconda LEL che corre ed è molto simpatico perciò
approfondiamo vari argomenti sia sul brevetto che sulla vita a San
Francisco, dove è sposato con prole, che sulla pietosa condizione
italiana. Nel gruppetto c'è anche un australiano che tira come un
matto e gli do qualche cambio, superiamo anche un solitario
randonneur americano che Massimiliano mi spiega essere uno dei più
esperti randagi americani, infatti non vuole saperne di stare con
degli scalmanati come noi e preferisce saggiamente andare del suo
passo. Superiamo di slancio Pietro di Milano che se la prende più
con calma. Provo a stare a ruota delle recumbent carenate ma non
lasciano assolutamente alcuna scia, è come se non esistessero,
aerodinamicamente parlando.
I siluri a pedali |
Arriviamo alle 15 anche a Market Rasen e anche qui mi fermo il
giusto e riparto godendomi il vento , i peasaggi e le mie forze
ancora intatte...si vede che il prologo da Carpi mi ha messo in buona
condizione. Nella tappa successiva dopo una lunga discesa
attraversiamo l'Humber river
che in verità è una specie di fiordo
che si incunea in direzione di Leeds e Sheffield ovvero zona più
industrializzata dell'Inghilterra poi si inizia leggermente a salite
ma sostanzialmente arrivo a balla a Pockington dopo circa 12 ore
dalla partenza e dopo aver percorso 330 km. Non mi illudo di poter
tenere medie del genere per tutto il brevetto ma intanto metto del
fieno in cascina anche se passando su alcuni suggestivi canali da
cartolina tra cavalli selvaggi e cigni penso già a quando ripasserò
di qui al ritorno e mi ritroverò, stanco, il vento contrario magari
in solitaria...si sa che noi bergamaschi abbiamo un carattere ombroso
visto che ci rattristiamo quando abbiamo il fienile pieno pensando a
quando l'avremo vuoto. Al controllo incontro l'australiano che si
massaggia una coscia con una palla da tennis e l'inglese con gli
altri del codazzo affermano che si termeranno qui per un paio
d'orette. Poco prima col gruppetto di tedeschi col quale mi trovavo
avevamo superato il tipo con lo scatto fisso e il giapponesino che
sembravo già al gancio: tutta gente che aveva forse esagerato nella
prima parte e adesso pagava pedaggio. Reincontro anche la coppia dei
due John , uno di Londra e l'altro di Stoccolma, con i quali avevo
fatto un po' di strada l'anno scorso alla 1000 miglia...lo svedese,
il più loquace dei due, mi confessa che erano partiti col gruppo A
ovvero quello delle vedettes delle 5,30 ma che l'andatura
costantemente sui 40/45 all'ora li aveva stroncati. Anche qui mi
rallegro della mia scelta visto che Danial aveva proposto anche a me
di partire con in primi ma avevo gentilmente declinato l'offerta: va
bene partire a balla ma i primi hanno un passo decisamente fuori
dalla mia portata.
Autoscatto sull'Humber bridge all'andata |
Pocklington comunque inizia ad essere una tappa significativa visto
che molti hanno infatti deciso di avere il bag drop qui e a Brampton
dividendo il brevetto in 5 parti visto che i bag drop si possono
usare sia in andata che al ritorno. Per ora comunque a me è andato
tutto bene, ho fatto la prima parte come mi piace ma adesso la
strada inizia a salire ma soprattutto ad essere insidiosa. Già ieri
un ragazzo di Newcastle, che aveva piazzato la tendina tra la mia e
quella di Marco, mi aveva confidato che nel prossimo tratto c'erano
una decina di km veramente brutti che lui avrebbe agevolmente
tagliato visto che parallelamente correva una comoda e dritta
statale. Alle mie riserve sui possibili controlli a sorpresa mi
rispondeva dicendo di non averne mai sentito parlare visto che
secondo le regole dell'Audax UK bisogna andare da un controllo
all'altro e basta, ognuno si sceglie la strada che vuole. Immagino
che a quel punto il seguire la traccia data dall'organizzazione sia
solo una questiole di lealtà parola semisconosciuta invece in
Italia. Mi viene in mente mia moglie, che è una prof. e parlando con
una studentessa americana aveva scoperto che da loro nessuno copia in
classe non tanto per i controlli quanto per una questione appunto di
lealtà e correttezza. Mi viene da pensare a quanto da noi, malgrado
due millenni di moralismo cattolico, i costumi siano ormai
degenerati...
Verso
il tramonto arrivo sotto ad una statua obelisco che annuncia l'inizio
della tenuta di Castle Howard uno dei più bei castelli inglesi.
Siamo ormai nello Yorkshire, una delle più belle regioni sia per la
bellissima ex-capitale inglese York, fondata dai vichinghi ma che non
attraverseremo come non attraverseremo nessuna grande città , sia
per le splendite tenute di campagna che attraverseremo comprese
quella dei Middleton. Il castello non si vede ma basta vedere il
parco e le mura di cinta per capirne la magnificenza. Qui oltre a
questi piacevoli dettagli estetici ne apprendo altri invece
decisamente più pratici come la tendenza locale, invero ereditata
anch'essa dai romani, di tracciare le strade seguendo la linea più
corta incuranti della differenza tra colline e pianura. Ti trovi così
davanti a strappi secchi al 15% che, il va sans dire ,
non sono esattamente benvenuti dopo tanta strada. Uno in particolare
colpisce pe la sua bastardaggine visto che parte dopo una lunga
discesa in fondo alla quale ci sono 50 mt di strada sporca di fango e
sabbia: questo è davvero un punto molto pericoloso e mi stupisco che
l'ottima organizzazione non l'abbia segnalato con un cartello. Io che
personalmente amo scendere velocemente devo ringraziare due ignari
croati che mi precedono e che sono invece molto più cauti, o forse
sapevano del pericolo, e scendono con i freni tirati....casi della
vita, se non me li fossi trovati davanti in quel momento avrei
probabilmente fatto un bel volo anche perchè anche se ormai il sole
è tramontato pedalo ancora senza luci visto che non ho voglia di
fermarmi per montarle perchè vorrei invece fare tutto al controllo
di Thirsk dove ho appunto il bag drop. Arrivo al controllo nello
splendido paesino alle 21'30, ho già fatto quasi 400km ed è scesa
la notte perciò inizio a prendermela comoda e rimarrò lì tra “cups
of tea , cakes and pasta” per quasi due ore anche perchè faccio
una doccia e mi cambio insomma mi tirò un po' insieme. Sono ancora
abbastanza carico e ho deciso che, se riesco, provo a passare la
prima notte senza dormire. Intanto inizio ad apperzzare la cordialità
e la meticolosità dei volontari sempre gentili e ben organizzati.
Scopro anche che ci sono piccoli asciugamani a disposizione e coperte
su ogni materassino, veramente molte cose che mi tiro dietro sono
veramente inutili e me ne disferò al prossimo bag-drop. Abbandono a
malincuore le mollezze di Thirsk e ben illuminato mi avvio poco
prima di mezzanotte sulla strada di Barnard Castle che si trova a
circa 68 km. Anche qui la strada è in leggera salita, intravedo bei
villaggi e sento l'odore del bosco che profuma di notte e rugiada. La
temperatura è gradevole e pedalo da solo con calma nella notte. Ho
deciso che prima di dormire voglio togliermi dai piedi questo Yad
Moss di cui tutti parlano e che anche se è alto solo 750mt incute
molto timore. Arrivo al controllo verso le 3, mangio e bevo
abbondantemente perchè la tappa successiva oltre ad affrontare la
cima Coppi della LEL è anche lunga 83km e sto comunque pedalando da
quasi 24 ore. Appena ripartito mi raggiunge un simpatico gallese con
quale scambio quattro chiacchiere mentre albeggia e iniziamo a salire
lo Yad Moss. Mi racconta che il Galles è molto bello e simile in un
certo senso a questa zona, con castelli e parchi incantevoli e mi
riprometto un giorno di andarlo a visitare. Lui è molto più leggero
di me e a metà salita se ne va, io salgo del mio passo ma le
pendenze sono risibili mentre l'unico aspetto affscinante ed
inquietante è la completa mancanza di alberi, solo prati e pecore in
un paesaggio davvero suggestivo soprattutto tra le brume dell'alba:
la foto che scatto in cima non rende del tutto l'idea,
più riuscita
è quella dell'unicorno che incontro in discesa.
Siamo oramai vicini
alla Scozia e si vede.
Una delle porte d'ingresso all'Howard Castle |
In cima allo Yad Moss |
L'unicorno è il simbolo della Scozia... |
Arrivo al controllo di Brampton mentre inizia a piovere, a 530km
dalla partenza poco dopo le 7 di mattina. Mi doccio, mangio a sazietà
e mi butto su un materassino per un breve sonno ristoratore, credo di
essermelo meritato...
29 luglio 2013 LEL secondo giorno- Brampton-Edinburgh- Barnard castle
Mi sveglio dopo un paio d'ore senza aver smesso la sveglia, detesto
il suono della sveglia nonché essere svegliato da qualcuno. Già mi
capita tutto l'anno di dovermi svegliare a qualche ora...e poi lo sa
il mio corpo quando devo svegliarmi. E poi sta piovendo di brutto e
con la pioggia si dorme ancora meglio, non ho alcuna fretta di
ripartire e faccio una colazione sia english che continental e
fors'anche american insomma mi strafogo e compatisco i partecipanti
alla Raam che, mi raccontava Ulla, devono assumere vitamine e calorie
per via endovenosa, e chissà quali altre porcherie, perchè
consumano così tante energie che solamente mangiando non ce la
farebbero a rimpiazzarle. Risalgo in bici, anche perchè nel
frattempo ha smesso di piovere, veramente sazio. Lascio anche un
commento entusiasta sul diario di bordo locale dove affermo che sono
stato tanto bene che passerò le prossime vacanze qui con la
famiglia...spesso negli hotel non riesci a trovare personale così
cortese come i volontari ed è proprio vero che non sono i soldi a
comperare un vero sorriso. Quando ripasserò di qui tra 24 ore però
il mio umore sarà decisamente diverso...
Comunque riparto in solitaria come succede da varie tappe ma sono
contento così, credo che alla fine lo scafato randonneur USA abbia
ragione: conviene andare con i propri ritmi. Però non sempre è
così...anche qui dipende dalle circostanze, mai fissarsi
aprioristicamente bisogna sempre un po' adattarsi a maggior ragione
in un brevetto così impegnativo, ma anche nella vita. Solo i
paracarri non cambiano idea...
Attraverso due frontiere importanti: dapprima il vallo di Adriano
e poco dopo l'attuale frontiera scozzese:
è significativo che dopo 2000 anni la linea di demarcazione sia ancora simile. L'ingresso in Scozia non mi rende esattamente allegro visto che sto pedalando su una stradaccia molto trafficata e dal fondo scabroso inoltre il panorama non corrisponde alle mie attese estetico-paesaggistiche. Sulla manutenzione delle strade mi spiegheranno poi, non so se per attaccare gli scozzesi con i consueti luoghi comuni o con cognizione di causa, che per risparmiare qui versano solo un filo di bitume poi ci schiacciano sopra della granella di pietra e infine concludono tutto con un'ultimo stratino di bitume e les jeux sont fait. Il risultato se è economico per le casse pubbliche non altrettanto lo è per quelle dei ciclisti che si vedono letteralmente scartavetrare copertoni e glutei. Le sinistre coincidenze aumentano al passaggio nel tristemente famoso paese di Lockerbie. In ogni caso questa tappa pianeggiante si conclude a Moffat verso le 14 ed anche qui trovo personale gentilissimo con una volontaria che mi fa assaggiare un zuppa splendida, e notare che non mi piacciono le zuppe. Riparto dopo una mezzoretta, oramai sono ad 80 km dal giro di boa di Edimburgo ed ho capito che la tappa clou della LEL è quella successiva ed sarebbe buona cosa percorrerla con la luce. In verità ho studiato poco il percorso, lo ammetto, sottovalutando le “montagnole” scozzesi: ma cosa volete mai che sia salire su un panettone di 600mt per uno che ha appena scalato le Alpi? Il che è anche vero però ogni cosa dipende dal contesto, dalla temperatura, dalla luce, dal fondo stradale ed insomma da tante variabili che possono rendere difficile anche una strada sulla carta facile. Scrivo e premetto tutto ciò perchè nella mia ignoranza del percorso calcolo che se per ogni tappa ci si mettono 3-4 ore, come è stato fino ad adesso, potrei essere ad Edimburgo alle 17,30/18 con un cambio e mangiatina veloce riuscirei a percorrere buona parte della tappa fatale con la luce del sole. Era scritto nelle cose che non andasse così...cmq preso da questo improvviso raptus orario inizio a tirare come un cinghiale in calore invitando i vari ciclisti che incontro a fare gruppetto. Ovviamente nessuno ha voglia di spararsi ai 35/40 all'ora come sto facendo io visto che siamo in leggera discesa e proseguo da solo fino a che il cielo si rannuvola velocemente e in cinque minuti inizia a piovere di brutto. Mi rifugio sotto ad un albero ma non accenna assolutamente a smettere e io mi sto comunque bagnado e in più mi raffreddo perciò risalgo in bici e ricomincio a pedalare tantopiù che mancano solo una quarantina di km a Edimburgo. Maledico una volta di più le previsioni del tempo che davano un “sunny afternoon”in zona. Intanto che procedo smoccolando vengo raggiunto da uno dei tanti che ho cercato di aizzare in discesa: è un francese di Annecy che pedala forte e dopo averlo coinvolto nelle mie elucubrazioni sul percorso scozzese iniziamo a menare non senza scambiare qualche parola...il tipo mi confessa che qui è molto meglio che alla Parigi Brest che è solo, a suo dire, una macchina spremisoldi. Qui in effetti paghi un po' all'iscrizione, 270 €, poi però non tiri fuori più neppure un pence. In ogni caso continua a piovere di brutto e noi ci diamo dentro alla grande tanto che ad una rotonda a pochi km dal controllo sbagliamo strada e riprendiamo, senza accorgecene, quella dell'andata. Verifichiamo così, amaramente, come sia vero che la stessa strada se percorsa al ritroso e soprattutto sotto la pioggia e tirando a più non posso possa apparire un'altra. Siamo tanto rincoglioniti che anche alla vista di altri ciclisti che vengono dalla parte opposta alla nostra non abbiamo dubbi pensando che siano già arrivati al controllo e stiano tornando indietro. Purtroppo il Garmin segnala solo parzialmente questi errori, io penso che la traccia sia un po' sbagliata e quando ci rendiamo conto dell'errore abbiamo già percorso 8,5 km perdipiù in salita e sotto l'acqua. Torniamo indietro e arriviamo al controllo di Edimburgo stra-bagnati e stra-incazzati. Io almeno lì ho il bag drop, che fortuna, e mi posso asciugare e mettere vestiti puliti mentre lui trema come una foglia e cerco di aiutarlo come posso. Mentre stiamo raccontando la nostra disavventura ad un volontario questo profetizza con tono sicuro : You will arrive in London on Thursday “in gloria solis” with 30 degrees.” Cose che si realizzeranno solo parzialmente ma intanto per noi è bello crederci. Intanto che sono lì ricompaiono i due spilungoni di San Francisco e decidiamo di ripartire insieme, non piove più ed anzi un benaugurale arcobaleno ci accompagna mentre lasciamo i sobborghi della città che lasciamo senza aver avuto, ahimè, neppure la possibilità di vedere neppure da lontano il Castello e il Royal mile.
e poco dopo l'attuale frontiera scozzese:
è significativo che dopo 2000 anni la linea di demarcazione sia ancora simile. L'ingresso in Scozia non mi rende esattamente allegro visto che sto pedalando su una stradaccia molto trafficata e dal fondo scabroso inoltre il panorama non corrisponde alle mie attese estetico-paesaggistiche. Sulla manutenzione delle strade mi spiegheranno poi, non so se per attaccare gli scozzesi con i consueti luoghi comuni o con cognizione di causa, che per risparmiare qui versano solo un filo di bitume poi ci schiacciano sopra della granella di pietra e infine concludono tutto con un'ultimo stratino di bitume e les jeux sont fait. Il risultato se è economico per le casse pubbliche non altrettanto lo è per quelle dei ciclisti che si vedono letteralmente scartavetrare copertoni e glutei. Le sinistre coincidenze aumentano al passaggio nel tristemente famoso paese di Lockerbie. In ogni caso questa tappa pianeggiante si conclude a Moffat verso le 14 ed anche qui trovo personale gentilissimo con una volontaria che mi fa assaggiare un zuppa splendida, e notare che non mi piacciono le zuppe. Riparto dopo una mezzoretta, oramai sono ad 80 km dal giro di boa di Edimburgo ed ho capito che la tappa clou della LEL è quella successiva ed sarebbe buona cosa percorrerla con la luce. In verità ho studiato poco il percorso, lo ammetto, sottovalutando le “montagnole” scozzesi: ma cosa volete mai che sia salire su un panettone di 600mt per uno che ha appena scalato le Alpi? Il che è anche vero però ogni cosa dipende dal contesto, dalla temperatura, dalla luce, dal fondo stradale ed insomma da tante variabili che possono rendere difficile anche una strada sulla carta facile. Scrivo e premetto tutto ciò perchè nella mia ignoranza del percorso calcolo che se per ogni tappa ci si mettono 3-4 ore, come è stato fino ad adesso, potrei essere ad Edimburgo alle 17,30/18 con un cambio e mangiatina veloce riuscirei a percorrere buona parte della tappa fatale con la luce del sole. Era scritto nelle cose che non andasse così...cmq preso da questo improvviso raptus orario inizio a tirare come un cinghiale in calore invitando i vari ciclisti che incontro a fare gruppetto. Ovviamente nessuno ha voglia di spararsi ai 35/40 all'ora come sto facendo io visto che siamo in leggera discesa e proseguo da solo fino a che il cielo si rannuvola velocemente e in cinque minuti inizia a piovere di brutto. Mi rifugio sotto ad un albero ma non accenna assolutamente a smettere e io mi sto comunque bagnado e in più mi raffreddo perciò risalgo in bici e ricomincio a pedalare tantopiù che mancano solo una quarantina di km a Edimburgo. Maledico una volta di più le previsioni del tempo che davano un “sunny afternoon”in zona. Intanto che procedo smoccolando vengo raggiunto da uno dei tanti che ho cercato di aizzare in discesa: è un francese di Annecy che pedala forte e dopo averlo coinvolto nelle mie elucubrazioni sul percorso scozzese iniziamo a menare non senza scambiare qualche parola...il tipo mi confessa che qui è molto meglio che alla Parigi Brest che è solo, a suo dire, una macchina spremisoldi. Qui in effetti paghi un po' all'iscrizione, 270 €, poi però non tiri fuori più neppure un pence. In ogni caso continua a piovere di brutto e noi ci diamo dentro alla grande tanto che ad una rotonda a pochi km dal controllo sbagliamo strada e riprendiamo, senza accorgecene, quella dell'andata. Verifichiamo così, amaramente, come sia vero che la stessa strada se percorsa al ritroso e soprattutto sotto la pioggia e tirando a più non posso possa apparire un'altra. Siamo tanto rincoglioniti che anche alla vista di altri ciclisti che vengono dalla parte opposta alla nostra non abbiamo dubbi pensando che siano già arrivati al controllo e stiano tornando indietro. Purtroppo il Garmin segnala solo parzialmente questi errori, io penso che la traccia sia un po' sbagliata e quando ci rendiamo conto dell'errore abbiamo già percorso 8,5 km perdipiù in salita e sotto l'acqua. Torniamo indietro e arriviamo al controllo di Edimburgo stra-bagnati e stra-incazzati. Io almeno lì ho il bag drop, che fortuna, e mi posso asciugare e mettere vestiti puliti mentre lui trema come una foglia e cerco di aiutarlo come posso. Mentre stiamo raccontando la nostra disavventura ad un volontario questo profetizza con tono sicuro : You will arrive in London on Thursday “in gloria solis” with 30 degrees.” Cose che si realizzeranno solo parzialmente ma intanto per noi è bello crederci. Intanto che sono lì ricompaiono i due spilungoni di San Francisco e decidiamo di ripartire insieme, non piove più ed anzi un benaugurale arcobaleno ci accompagna mentre lasciamo i sobborghi della città che lasciamo senza aver avuto, ahimè, neppure la possibilità di vedere neppure da lontano il Castello e il Royal mile.
Arcobaleno sopra Edimburgo: porterà bene... |
Nel
frattempo tutti i miei calcoli strategici sulla tappa clou sono
andati farsi friggere anche perchè ho scoperto che il tappone è in
verità lungo 150 km ma diviso in tre semitappe con relativi
controlli e ristori anche se le possibilità di dormire sono limitate
tanto che i volontari ci avvisano di pensarci bene a metterci per
strada al calar del sole prima di quello che ci aspetta. Mi ritorna a
questo punto in mente qualche descrizione da incubo sia sul fondo
stradale dopo Eskdalemuir sia sul freddo patito su
queste strade nell'ultima e piovosa edizione. Ma quest'anno fa
decisamente più caldo e le previsioni meteo sono buone in più ho
abbigliamento polare nelle mie borse perciò parto alla garibaldina.
Salendo ho il modo di approfondire meglio la conoscenza con
l'italo-californiano e con il suo amico che scopro essere anche lui
un immigrato dalla Lituania. Comunque sono molto simpatici e gentili
e me lo dimostrano quando si prodigano per ritrovare i pezzi della
mia luce che a causa di una buca si è disintegrata a terra. E'
successo che al controllo di Edimburgo non mi sono accorto del tempo
che passava e sono invece rimasto ancorato alle mie precedenti
previsioni restando perciò sorpreso, e senza luci, al calare del
sole.
E' lì che sulla lunghissima discesa verso Traquair capisco,
pedalando al fianco di Max, perche la gente spende 500€ per una
dinamo+luce SON: quella illumina come una macchina invece io dopo
10mt non vedo più niente. Una dimostrazione in più, se ce ne fosse
bisogno, che il valore di ogni cosa è assolutamente relativo e solo
la comparazione diretta rende giustizia. Tutte belle teorie ma
intanto con luci così potenti anche queste discese si affrontano con
calma mentre io devo spesso tirare i freni. Con o senza luci ci
pennelliamo sulla splendida Traquair dove dicono ci sia la casa più
antica di Scozia: al controllo veniamo accolti da un pittoresco
volontario dell'Audax Ecosse con tanto di kilt: a detta di molti
questo controllo sarà il più bello di tutta la LEL. E' comunque
diverso dagli altri, più intimo, ci sono le torte personalizzate
e dell'ottimo Glenlivet single malt 12 anni sul quale il buon Marco di Milano, da bon vivant quale è , andrà in disgrazia. Poi fuori fa un bel freddo e dentro c'è un bel tepore tanto che i miei due soci californiani decidono di approfittare della sistemazione e si fermano per un pisolino. Io invece sono carico e mi accodo ad un inglese ed un canadese che stanno partendo per la seconda semitappa di questo vero Scottish trial. In verità se visto sulla cartina il percorso non ha niente di di terribile, salitelle a 400-450 mt con pendenze sul 5-6 % però è vero che è notte e qui fa freddo. Per fortuna non piove ma adesso capisco i racconti tragici di chi ha percorso l'edizione del 2009 quando ha piovuto 3 giorni su 4. Mi immagino cosa significhi scendere bagnati, di notte su queste lunghe discese con strade sconnesse, rigorosamente senza strisce per terra e quindi senza punti di riferimento. E qui ci sono anche i famigerati “cattle grid” ovvero dei tubi di ferro inseriti perpendicolarmente alla strada per non far scappare le greggi. Alla prova dei fatti soprattutto in discesa e con la strada asciutta non creano nessuna difficoltà ma se li incontri bagnati e in salita devi stare attendo a passarci proprio dritto sennò si rischia di scivolare. Quando si incontrano in discesa è buona norma “chiamarli” ad alta voce per avvisare quelli che arrivano dietro e visto che Nigel ed il canadese mi hanno gentilemte appioppato il ruolo di gregario che fa l'andatura sono io a doverlo fare. I due sono comunque simpatici e chiacchieriamo del più e del meno facendoci compagnia: ecco una situazione nella quale la solitudine non è positiva soprattutto in discesa quando ci si aiuta con le luci e poi qui l'impressione di essere “in the middle of nowhere” è molto forte, del tipo un auto ogni due ore, e in caso di incidente...beh non voglio neppure pensarci perchè tra le letture di preparazione sul forum dell'Audax Uk , YACF ovvero yet another cycling forum, un tizio che aveva provato questo tratto a maggio l'aveva definito “non pedalabile con una bici da corsa” a causa delle troppe buche. Nigel mi consola spiegando che tra i 3-4000 iscritti all'Audax UK ci sono parecchi grafomani che amano esagerare tanto per attrarre l'attenzione...sarà...io comunque sono molto guardingo e soprattutto in discesa scendo moolto calmo. Arriviamo comunque al secondo controllo nel “famoso” villaggio di Eskdalemuir. Veramente la notorietà del borgo credo sia limitata ad ambiti molto ristretti come i praticanti buddisti, qui c'è in effetti una comunità di praticanti e noi randagi. Il posto deve essere molto bello e con bellissime foreste ed il clima, ci assicura uno gnomo con il quale parliamo al controllo, è assolutamente vario tanto che ieri, ad esempio, per ben sei volte nel corso della giornata ci sono stati acquazzoni e poi è tornato il sole: troppo anche per loro. In ogni caso dopo esserci abbondantemente rimpinzati decidiamo di ripartire mentre inizia ad albeggiare. C'è andata decisamente meglio che nell'edizione del 2005 quando, mi rancontava l'italo-californiano, avevano sbagliato clamorosamente gli acquisti e ad un certo punto i partecipanti avevano trovato solo acqua e caramelle.
Tramonto scozzese |
e dell'ottimo Glenlivet single malt 12 anni sul quale il buon Marco di Milano, da bon vivant quale è , andrà in disgrazia. Poi fuori fa un bel freddo e dentro c'è un bel tepore tanto che i miei due soci californiani decidono di approfittare della sistemazione e si fermano per un pisolino. Io invece sono carico e mi accodo ad un inglese ed un canadese che stanno partendo per la seconda semitappa di questo vero Scottish trial. In verità se visto sulla cartina il percorso non ha niente di di terribile, salitelle a 400-450 mt con pendenze sul 5-6 % però è vero che è notte e qui fa freddo. Per fortuna non piove ma adesso capisco i racconti tragici di chi ha percorso l'edizione del 2009 quando ha piovuto 3 giorni su 4. Mi immagino cosa significhi scendere bagnati, di notte su queste lunghe discese con strade sconnesse, rigorosamente senza strisce per terra e quindi senza punti di riferimento. E qui ci sono anche i famigerati “cattle grid” ovvero dei tubi di ferro inseriti perpendicolarmente alla strada per non far scappare le greggi. Alla prova dei fatti soprattutto in discesa e con la strada asciutta non creano nessuna difficoltà ma se li incontri bagnati e in salita devi stare attendo a passarci proprio dritto sennò si rischia di scivolare. Quando si incontrano in discesa è buona norma “chiamarli” ad alta voce per avvisare quelli che arrivano dietro e visto che Nigel ed il canadese mi hanno gentilemte appioppato il ruolo di gregario che fa l'andatura sono io a doverlo fare. I due sono comunque simpatici e chiacchieriamo del più e del meno facendoci compagnia: ecco una situazione nella quale la solitudine non è positiva soprattutto in discesa quando ci si aiuta con le luci e poi qui l'impressione di essere “in the middle of nowhere” è molto forte, del tipo un auto ogni due ore, e in caso di incidente...beh non voglio neppure pensarci perchè tra le letture di preparazione sul forum dell'Audax Uk , YACF ovvero yet another cycling forum, un tizio che aveva provato questo tratto a maggio l'aveva definito “non pedalabile con una bici da corsa” a causa delle troppe buche. Nigel mi consola spiegando che tra i 3-4000 iscritti all'Audax UK ci sono parecchi grafomani che amano esagerare tanto per attrarre l'attenzione...sarà...io comunque sono molto guardingo e soprattutto in discesa scendo moolto calmo. Arriviamo comunque al secondo controllo nel “famoso” villaggio di Eskdalemuir. Veramente la notorietà del borgo credo sia limitata ad ambiti molto ristretti come i praticanti buddisti, qui c'è in effetti una comunità di praticanti e noi randagi. Il posto deve essere molto bello e con bellissime foreste ed il clima, ci assicura uno gnomo con il quale parliamo al controllo, è assolutamente vario tanto che ieri, ad esempio, per ben sei volte nel corso della giornata ci sono stati acquazzoni e poi è tornato il sole: troppo anche per loro. In ogni caso dopo esserci abbondantemente rimpinzati decidiamo di ripartire mentre inizia ad albeggiare. C'è andata decisamente meglio che nell'edizione del 2005 quando, mi rancontava l'italo-californiano, avevano sbagliato clamorosamente gli acquisti e ad un certo punto i partecipanti avevano trovato solo acqua e caramelle.
La strada in effetti qui è piena di
buche, molte sono state ripianate ma non tutte, siamo o non siamo in
Scozia?, così bisogna stare molti attenti a dove piazzare le
ruote...ma fortunatamente il pezzo più intricato è alle spalle e
torniamo nella civiltà su strade più battute, larghe e meglio
asfaltate. Mi rilasso e questo non è bene: l'avevo fatto l'anno
scorso nell'ultima tappa della 1000 miglia ed infatti ruppi la catena
qui invece riesco a centrare l'ultima bastarda buca in fondo ad una
discesina e foro di botto entrambe le ruote. In pù si mette a
piovere: l'atmosfera piacevole per la fine del tratto più duro e per
l'attesa della dormita che ho pianificato per Brampton, si fa tetra.
Per fortuna una regola cavalleresca delle rando impone che tutti si
fermino ad aiutare in queste circostanze. Un amico italiano però mi
racconterà alla fine di aver fatto una tappa con un tedesco che ha
forato 4 volte di fila e la tentazione di mollarlo lì con un carico
di amuleti e camere d'aria era stata molto forte. Noi ripariamo
velocemente le due forature ma evidentemente non mettiamo bene il
copertone sulla valvola e riparto con l'impressione di aver scentrato
anche la ruota posteriore, cosa non impossibile vista la velocità
con la quale sono entrato nella buca. Per fortuna siamo a meno di
20km dal controllo, vado avanti piano sotto alla pioggia e intanto,
visto siamo tornati sul percorso dell'andata, incontriamo un gran
numero di ciclisti, soprattutto orientali, che stanno ancora
risalendo verso nord. Ci chiediamo come possano farcela a finire il
giro entro il tempo massimo ed in effetti ad Edimburgo almeno un
centinaio di persone verranno fermate. Al passaggio della linea di
demarcazione che segna il rientro in Inghilterra i miei soci urlano
felici “We're safe” e mi rendo conto che per qualche strano
destino la Scozia non è considerata proprio come un zona tranquilla.
Io rientro a Brampton con l'umore
decisamente peggiore di quando sono partito visto l'incidente
occorsomi e il rischio di dover cambiare la ruota. Invece bastava
sgonfiare e rigonfiare a modo la camera d'aria e tutto si rimette a
posto. Il canadese riparte subito perchè ha la famiglia che lo
aspetta a Thirsk mentre Nigel si ferma per un pisolino. Io sono
troppo innervosito per l'imprevisto e non riuscirei a dormire,
aspetto un po' che smetta di piovere e riparto verso lo Yad Moss.
Dopo pochi km però capisco di aver fatto il passo più lungo della
gamba e il sonno mi attanaglia tanto da costringermi ad una fermata
in una specie di fermata del pullman che incontro. Ero convinto di
esserci stato per pochi minuti ma adesso riguardando la registrazione
del Garmin mi rendo conto di essere stato là 40 minuti. Lo Yad Moss
da questo versante è decisamente più duro ad iniziare dal tratto
iniziale in pavè con pendenze sul 15 %, per fortuna incontro Olaf di
Lipsia, il mio vicino di tenda al campeggio, con il quale salgo per
qualche km mentre mi racconta che si è fermato a Brampton per circa
9 ore facendo una mega dormita ed ora è carico come una molla , me
lo dimostra scattando in salita come uno scoiattolo...in barba a
tutte le teorie sui microsonni arriverà a Londra 6-7 ore prima di
me. Nel frattempo la salita mi ricarica le batterie, esce il sole ed
il panorama è così bello che supero la crisi ed arrivo
relativamente bene a Barnard Castle.
Sono le 12,30 di martedì il che
significa che sono partito da 54 ore e ne ho dormite neanche 3, ho
già percorso 850 km dei 1400 totali e ho deciso che seguirò
l'esempio di Olaf. Mangio e bevo di tutto, mi doccio e mi sparo
nell'enorme dormitorio che è assolutamente vuoto. Rifiuto
categoricamnete ogni sveglia, di fronte a un perplesso volontario, e
piombo tra le braccia di Morfeo nel sonno del giusto.
Le rovine di Barnard Castle |
Dormitorio in palestra |
30/31 luglio luglio 2013, LEL
terzo/quarto giorno Barnard castle- Loughton.
Dormo quattro ore ed il mondo al
risveglio mi appare decisamente diverso. Sto bene e sono carico,
mancano “solo” 560 km e le difficoltà scozzesi sono alle spalle,
il percorso da qui a Londra è perlopiù pianeggiante e certo
incontrerò del vento contrario ma di notte, dicono tutti, ce n'è di
meno, perciò vorrei provare a pedalare senza altri sonni fino a
Loughton . Lo scafato volontario al controllo recita il mantra dello
“slow but always” mentre nel cortile il meccanico sta aizzando
qualcuno sull'annosa diatriba, tipicamente inglese, in merito alle
differenze tra cambi Shimano e Campagnolo. “Listen-dice- Campy
sounds like champion but Shimano sounds like shit” è questo un
tormentone che attanaglia non so perchè tutti gli inglesi e già sul
forum ne avevo avuto le avvisaglie. Anche Nigel a un certo punto non
riesce a resistere e confida di don capire come mai un italiano non
usi Campagnolo: gli rispondo che onestamente in Italia questo sembra
essere l'ultimo dei problemi dei ciclisti.
In ogni caso riparto mentre i compagni
di viaggio sono cambiati completamente e vedo anche alcune donne tra
le quali una francese altezzosa scortata da quattro connazionali e
una svedese, se non sbaglio, che invece ha solo un gregario e
l'impressione è che stiano giocandosi la vittoria femminile (PS: scoprirò solo più tardi che la bionda era in verità una mia connazionale, la slovena Tanja Kavcic, che arriverà a Londra prima tra le donne con un tempo intorno alle 90 ore e comunque tra i primi 100).
Lo so che i brevetti non sono gare e che tutti siamo bravi e uguali ecc.ecc ma realisticamente tutti chiedono prima o poi chi è passato per primo e quando: mi parlano di un nome famoso, un olandese che ha due tedeschi alle calcagna e viaggiano ovviamente con molte ore di vantaggio. Non stento a crederlo sapendo con quali ritmi i primi affrontino, pancia a terra, tutto il brevetto. Personalmente ho l'obiettivo di farcela entro le 90 ore e per ora vado bene, perciò riparto ringalluzzito anche perchè so che la tappa è quasi tutta pianeggiante e a Thirsk avrò anche l'ultimo bag-drop dove ho deciso che mollerò molti indumenti pesanti che non userò più. In effetti ho notato che molti corrono molto più leggeri di me ed alla domanda di come fanno Nigel ad esempio mi risponde “Keep going. Keep going” che per me diventerà quasi un mantra fino alla fine. E se in discesa hai freddo ? “Keep going” certo pedalando ci si scalda però voglio vedere se piove un giorno i fila e ci sono 7 gradi. E' certamente vero che anche gli indumenti impermeabili alla fine spostano solo il problema perchè se l'acqua non entra da fuori non esce neppure e alla fine il sudore è sempre bagnato. La differenza, dice anche mio fratello che è medico sportivo, è solo nella temperatura e nella capacità di rimanere caldi ed in effetti è quello che dice anche anche Nigel: mai fermarsi, non raffreddarsi, continua a pedalare.. keep going...
Lo so che i brevetti non sono gare e che tutti siamo bravi e uguali ecc.ecc ma realisticamente tutti chiedono prima o poi chi è passato per primo e quando: mi parlano di un nome famoso, un olandese che ha due tedeschi alle calcagna e viaggiano ovviamente con molte ore di vantaggio. Non stento a crederlo sapendo con quali ritmi i primi affrontino, pancia a terra, tutto il brevetto. Personalmente ho l'obiettivo di farcela entro le 90 ore e per ora vado bene, perciò riparto ringalluzzito anche perchè so che la tappa è quasi tutta pianeggiante e a Thirsk avrò anche l'ultimo bag-drop dove ho deciso che mollerò molti indumenti pesanti che non userò più. In effetti ho notato che molti corrono molto più leggeri di me ed alla domanda di come fanno Nigel ad esempio mi risponde “Keep going. Keep going” che per me diventerà quasi un mantra fino alla fine. E se in discesa hai freddo ? “Keep going” certo pedalando ci si scalda però voglio vedere se piove un giorno i fila e ci sono 7 gradi. E' certamente vero che anche gli indumenti impermeabili alla fine spostano solo il problema perchè se l'acqua non entra da fuori non esce neppure e alla fine il sudore è sempre bagnato. La differenza, dice anche mio fratello che è medico sportivo, è solo nella temperatura e nella capacità di rimanere caldi ed in effetti è quello che dice anche anche Nigel: mai fermarsi, non raffreddarsi, continua a pedalare.. keep going...
Io quindi mi lancio verso Thirsk e
rivedo, finalmente di giorno, i paesaggi del mio amato Yorkshire che
mi erano stati celati all'andata, sto bene e sorpasso in carriera la
francesina e la sua corte certo che alla fine arriveranno al
controllo solo 15 minuti dopo di me e mi ritorna in mente il mantra
dello “slow but always”. Mi rimpinzo e svuoto le borse
preparandomi per l'ultima notte in viaggio con le luci anche sul
casco per evitare l'errore di Edimburgo: mi ricordo bene infatti che
la tappa da qui a Pockington è decisamente “tricky”. Sono quasi
le 21 quando mi rimetto per strada e la mia unica preoccupazione è
quella di evitare le sabbie mobili sotto alla discesa e i 10 km di
strade “poor” prima del controllo, dove il tipo di Newcastrle
consigliava di tagliare. Ripasso per le splendide tenute di campagna
e i castelli da sogno, evito la buca sabbiosa e vengo raggiunto da
due inglesi che pedalano bene perciò mi unisco a loro. Gli racconto
la storia della scorciatoia ed in effetti uno dei due mangia la
foglia ed in prossimità del passaggio pericoloso scompare mentre il
secondo viene con me, io l'aiuto quindi per un problema meccanico e
lui aiuta me a rigonfiare la ruora posteriore che si è lentamente ma
inesorabilmente sgonfiata, in più il deragliatore anteriore emette
suoni poco simpatici e clangori sinistri...per fortuna manca poco al
controllo dove scovo l'ottimo meccanico al quale spiego i miei
problemi. Lui annuisce, mi prende la bici e dice: vai a mangiare,
quando hai finito sarà tutto a posto. Sono allibito, mi sembra di
essere in paradiso di fronte a questo servizio alla faccia del banco
di prova del Randonneur autonomo e pronto a tutto di cui parlava
Angela di Modena. Certo l'organizzazione quest'anno è decisamente
migliore e mi rendo conto che GPS da una parte e bag drop dall'altra
abbiano notevolmente facilitato il brevetto. Durante la cena mi
vengono a mostrare il copertone posteriore che è stato letteralmente
mangiato dalle strade scabrose e dalle borse: di solito ci faccio
10.000km ma questa volta dopo 3.000 è già da buttare. Incontro
anche l'avvocato di Milano che mi chiede quale sia la mia conoscenza
delle tendiniti: io rispondo, diventandone consapevole in quel
momento, che l'unica cosa che so è che fanno male perchè ne soffro
anche io al piede destro. Lui invece ha il ginocchio malconcio perciò
telefono a mio fratello chiedendo un consiglio: il vate sentenzia di
fare impacchi con ghiaccio quando possibile altrimenti, se vogliamo
insanamente continuare, antinfiammatori e stringere i denti. Così
farò mente l'amico deve ricorrere alle cure della dottoressa locale
che dopo avergli fatto firmare carte di ogni genere gli spara una
siringata di cortisone altre sostanze che gli permettono di tornare a
Londra in bici. I meccanici fuori sono ancora alle prese col mio
mezzo perchè mi hanno sistemato la ruota con un nuovo copertone ma
il cambio, dicono, è inutilizzabile perciò me l'hanno piazzato
sulla moltiplica grande con la quale a sentite loro non dovrei avere
difficoltà a raggiungere Londra visto che la strada è “pretty
much flat”.
Tra una palla e l'altra è passata la
mezzanotte e mi accingo a ripartire per gli 80km che mi separano a
Market Rasen. La strada che all'andata mi era sembrata pianeggiante
adesso sembra tutta in leggera salita ma il vento naturalmente cambia
molto la percezione, ripasso in mistica solitudine la foce del fiume
Humber
col suo lungo ponte e vengo superato in gran carriera da uno
dei pochi partecipanti poco sportivi che ho incontrato. Mi affianca a
tutta e scatta a più non posso per evitare che io mi metta a ruota,
un comportamento veramente brutto soprattutto dopo giorni passati a
pedalare con persone veramente gentili e solidali...le mele marce, mi
dico, non mancano neppure qui. Io procedo del mio passo con calma, mi
piace pedalare di notte. Però ad un certo punto mi accorgo che la
strada è strana, il fondo è scabroso ed è tutta dritta ed in lenta
ma continua ascesa. In più da una parte ci deve essere un'autostrada
parallela, ma vedo adesso controllando la mappa che me la sono
inventata di sana pianta segno che il cervello iniziava a cedere, e
mi da molto fastidio non avere punti di riferimento. Comunque arrivo
in cima e scendo incontrando un freddo mortale. Adesso penso che
fosse solo la stanchezza ma in quel momento configuro il controllo
come maligno e ci rimango il meno possibile. Vedo che invece molti
sono rimasti saggiamente lì a dormire personalmente ho deciso di
tirare dritto fino a Londra “tanto mancano solo pochi km tutti
pianeggianti”. In verità i km sono ancora 260 e sulla loro totale
piattezza mi sbaglio alla grande, comunque sono le 5 di mattina e
mollo le ancore.
L'alba, si sa, è il momento della crisi e della
stanchezza totale, non so perchè ma il corpo proprio non ce la fa a
stare sveglio. E' tutto un problema di testa, dicono gli esperti,
visto che i muscoli sono stressati allo stesso modo dopo 20 o 100
ore...certo è quasi tre giorni che pedalo e ho dormito poco più di
sei ore comunque riesco ancora a scattare qualche bella foto ad una
chiesetta all'alba e poi cado in un torpore totale arrivando a fatica
a Kirton in un tempo quasi 45 minuti maggiore che all'andata, in
verità pensavo di averci messo il doppio.
Sull'Humber Bridge al ritorno |
L'alba poco dopo Market Rasen |
In ogni caso mi trascino sotto la
doccia che mi risveglia un pochino e bevo litri di tè, oramai la
fame inizia a scemare. In giro non c'è nessuno sono appena passate
le 8 quando riparto per gli 80 km che mi separano da St. Ives e il
vento inizia a soffiare come previsto anche se non è completamente
contrario. In ogni caso ho sonno e fatico a non addormentarmi sulla
bici, decido perciò di fermarmi a bere un gel energetico.
In quel
mentre passano quattro ragazzi che mi invitano a seguirli, è un
lampo salto in bici e con quattro energiche pedalate li raggiungo.
Credo siano tutti inglesi o forse c'è anche qualche tedesco
onestamente sono troppo rincoglionito per condurre indagini
anagrafiche, la cosa importante è che mi sveglio dal mio torpore e
dopo aver scambiato quattro parole mi ritrovo a dare il cambio ai
32-35 all'ora: miracoli della mente umana. Fino a dieci minuti prima
faticavo a stare sveglio e a tenere i 25 km/h e ora sono sveglio come
un canguro: ecco una situazione nella quale pedalare in compagnia è
davvero bello. Ci alterniamo in testa e scambiamo qualche parola,
pedaliamo bene e prima del controllo raggiungiamo un altro gruppetto
con 4 o 5 naufraghi che si uniscono a noi. Tra di loro incontro
finalmente un altro Italiano, e sono proprio contento perchè mi sono
un po' rotto di parlare sempre inglese soprattutto perchè la
stanchezza mi rende difficile anche la ricerca di vocaboli stranieri.
Ritrovo al controllo anche il buon Nigel il quale a sua volta è
stato raggiunto dal suo amici contro il quale stava gareggiando per
scommessa. In bagno assisto ad una scena surreale con un partecipante
al brevetto che sta meticolosamnete sbarbandosi con la macchinetta e
questo mi sembra veramente, in mezzo a tutte le follie viste, la cosa
più folle di tutte. Forse sarà uno famoso e avrà la stampa che lo
aspetta a Londra...
Stanchezza |
Insomma si è formata una bella banda
con la quale ripartiamo alle 12,30 mentre ricomincia a piovere. Al
controllo vedo questa simpatica fotografia
che mi illude ulteriormente sulla vicinanza all'arrivo. Errore fatale come quello di non guardare bene i profili altimetrici. Questa penultima tappa in effetti è diversa da quella fatta alla partenza, “ma che c... di montagne vuoi che ci siano vicono a Londra”, mi dico, sbagliandomi di grosso. Non ci saranno montagne ma continui strappi che in più devo affrontare con la moltiplica grande e con la tendinite che inizia a non rispondere neppure agli anti-infiammatori, o forse sono io che mi dimentico di prenderli perchè mancano solo 100 km all'arrivo. E lo so che non bisognerebbe mai dire”tanto è finita” ma quando mi accorgo che il finale è tutto un su e giù con repentini cambi di tempo tra acquazzoni e caldo improvviso sono bell'è cotto. La strada poi è tutta una curva e un incrocio, il traffico ricomincia a farsi nervosamente londinese e passiamo in tratturi di campagna e paesini che in altre condizioni definirei lovely ma che qui inizio ad aborrire. Arriviamo al controllo di Great Easton con i volontari che ci fanno le feste, siamo in effetti tra i primi 50 a passare e mancano meno di 50km all'arrivo, ma io sono incazzato nero e mando tutti a quel paese, ripensandoci credo di essere stato solo stanco e dolorante, avrei dovuto prendere ancora un antidolorifico e pedalare con calma invece non mi capacito del perchè ci stiano facendo passare alla fine di un brevetto così impegnativo su quelle stradine trafficate e pericolose. In effetti l'organizzazione ha anche messo dei cartelli segnaletici ma non in tutti gli incroci e quelli che viaggiano solo con il road-book faranno fatica a trovare la strada. Leggo poi di un giapponese che si stampa proprio qui a 20km dall'arrivo e deve essere stata una beffa intollerabile. In ogni caso voglio arrivare al più presto a Loughton cosa che, secondo i volontari, è un gioco da ragazzi visto che è tutta in discesa ma io che ho già gurdato il profilo sul Garmin so che questa discesa è un po' troppo seghettata per i miei gusti. Comunque ripartiamo con due tedeschi ,Mino, Nigel e il suo amico. I tedeschi scompaiono dopo poco e mi confesseranno all'arrivo che hanno rischiato di essere imballati ad un incrocio da un SUV londinese perciò hanno saggiamente deciso di arrivare con calma.
che mi illude ulteriormente sulla vicinanza all'arrivo. Errore fatale come quello di non guardare bene i profili altimetrici. Questa penultima tappa in effetti è diversa da quella fatta alla partenza, “ma che c... di montagne vuoi che ci siano vicono a Londra”, mi dico, sbagliandomi di grosso. Non ci saranno montagne ma continui strappi che in più devo affrontare con la moltiplica grande e con la tendinite che inizia a non rispondere neppure agli anti-infiammatori, o forse sono io che mi dimentico di prenderli perchè mancano solo 100 km all'arrivo. E lo so che non bisognerebbe mai dire”tanto è finita” ma quando mi accorgo che il finale è tutto un su e giù con repentini cambi di tempo tra acquazzoni e caldo improvviso sono bell'è cotto. La strada poi è tutta una curva e un incrocio, il traffico ricomincia a farsi nervosamente londinese e passiamo in tratturi di campagna e paesini che in altre condizioni definirei lovely ma che qui inizio ad aborrire. Arriviamo al controllo di Great Easton con i volontari che ci fanno le feste, siamo in effetti tra i primi 50 a passare e mancano meno di 50km all'arrivo, ma io sono incazzato nero e mando tutti a quel paese, ripensandoci credo di essere stato solo stanco e dolorante, avrei dovuto prendere ancora un antidolorifico e pedalare con calma invece non mi capacito del perchè ci stiano facendo passare alla fine di un brevetto così impegnativo su quelle stradine trafficate e pericolose. In effetti l'organizzazione ha anche messo dei cartelli segnaletici ma non in tutti gli incroci e quelli che viaggiano solo con il road-book faranno fatica a trovare la strada. Leggo poi di un giapponese che si stampa proprio qui a 20km dall'arrivo e deve essere stata una beffa intollerabile. In ogni caso voglio arrivare al più presto a Loughton cosa che, secondo i volontari, è un gioco da ragazzi visto che è tutta in discesa ma io che ho già gurdato il profilo sul Garmin so che questa discesa è un po' troppo seghettata per i miei gusti. Comunque ripartiamo con due tedeschi ,Mino, Nigel e il suo amico. I tedeschi scompaiono dopo poco e mi confesseranno all'arrivo che hanno rischiato di essere imballati ad un incrocio da un SUV londinese perciò hanno saggiamente deciso di arrivare con calma.
Nigel ironozza sulla scomparsa dei
“cattle grid “e mi chiede, penso che i londinesi non gli stiano
molto simpatici, se non sarebbe il caso di costruirne alcuni da
queste parti per tenerci dentro gli indigeni poi ha ancora il
coraggio di proporci se ,in cambio di una birra ,siamo disposti a
tirarlo all'arrivo per arrivare entro le 80 ore. Io gli dico
apertamente che non ci penso neppure che e tra cambio rotto e
tendinite farò fatica ad arrivare invece Mino è ancora carico e
ingaggia con lui una volatona negli ultimi km. che sarà vinta
dall'italiano...Tra l'altro sono partiti alle 9 ovvero due ore e
mezza dopo di me perciò per me questo traguardo orario è ampiamente
sfumato e comunque non me ne curavo per niente. Pedalo mestamente
negli ultimi km e sono così sfavato che non cambio neppure più e mi
faccio gli ultimi immancabili strappetti puramente smoccolando.
Rientro così verso le 18 nella Davenport School dalla quale sono
partito circa 83 ore prima. I volontari e uno sparuto gruppetto di
partecipanti applaudono all'arrivo mio e del gruppetto degli inglesi
che sta sopraggiungendo. Vado a timbrare e ricevo la medaglia di
ricordo. Il brevetto invece me lo manderanno via mail. Saluto e mi
fotografo con Mino
e poi con Nigell ed il suo amico che hanno dei
supporters con una simpatica borsa piena di birra: mi piazzo la
mattonella del ghiaccio sul tendine dolorante e mi scolo una pinta di
Guinness, me la sono proprio meritata, penso.
Con Mino all'arrivo |
Qui con Nigel a sx e il suo socio al centro |
Mi raccontano che i primi sono arrivati
verso mezzanotte ed in effetti quando rientro al campeggio mi
colpisce la calma piatta che vi regna. Mi si fa incontro però Jan,
un simpatico tedesco che avevo già conosciuto alla partenza
scambiandolo per quell'altro ruvido tedesco di nome Jens, sul quale
avevo diffusamente sparlato nell'occasione della 1000 miglia. Ecco i
due tedeschi sono proprio all'opposto: tanto era tignoso e
competitivo l'uno tanto è gentile e servizievole questo. Mi fa un
sacco di feste e mi invita al suo camper dove staziona con una
ragazza in attesa dell'arrivo dei suoi amici. Dopo aver udito le mie
difficoltà mi mette in mano un bicchere di Chianti e mi fa
accomodare mentre la ragazza con mani angeliche mi massaggia
delicatamente il piede e la caviglia dolorante e poi ripete il
trattamento anche sull'altra gamba. Mi sembra di essere in paradiso.
Veramente è magico questo ambiente dove due tizi che nemmeno hai mai
visto si prendono cura così di te. Questa accoglienza mi ricompensa
di tutte le fatiche e delle arrabbiature delle ultime ore. Sto meglio
mi concedo una lunga doccia, mi metto finalmente in abiti civili e mi
godo il ritorno alla mia tendina ancora miracolosamente intatta e
senza volpi e pinguini che temevo ne avessero preso possesso. Ritrovo
lì il buon Olaf che, come scritto, mi aveva superato di gran
carriera sullo Yad Moss e come promesso brindiamo insieme al nostro
brevetto condividendo cibi e bevande. Naturalmente lui ha una bella
scorta di birra e intanto che stiamo piacevolmente ricordando gli
highlights del giro veniamo importunati dall'autista polacco che è
evidentemente alticcio nonchè stanco di aspettare la sua squadra e
non vede l'ora di scambiare qualche parola con qualcuno. Il fatto che
non sappia una parola né di tedesco né di inglese né di nessuna
altra lingua che non sia il russo preclude però ogni possibilità
comunicativa. Poi non ha neppure fatto la LEL perciò nell'estasi
randagia che ci racchiude è come se non esistesse. Compare invece
uno stangone che emerge dalla sua tenda nelle vicinanze e ci chiede
come è andata: poche balle, la prima risposta in questi frangenti è
un numero ovvero le ore impegnate, tutto il resto è
sovrastruttura....così quando risponde che lui in effetti ha
impiegato 65 ore ci guardiamo con Olaf e capiamo che è
nientepopòdimenoche il famoso de Jonk. Anco, questo è il nome di
questo olandese di 53 anni, accetta di venire a brindare con noi e
naturalmente siamo ben contenti di far spezio sul tappeto e
condividere cibo e bevande con questo ospite di riguardo.
Con Anco |
Ci stupisce soprattutto la sua
semplicitità e riservatezza ma soprattutto la grande forza mentale.
E' qui da solo in tenda come noi senza alcuna assistenza e non aveva
neppure il GPS tanto che nell'ultima tappa si è perso e si è dovuto
fermare a bussare ad una casa per chiedere la direzione giusta. E io
che mi immaginavo una squadra organizzata con chissà quale
assistenza invece si è fatto il giro come noi mangiando ai controlli
e via. Certo non ha mai dormito ed alla domanda su come abbia fatto
dimostra di avere innanzitutto una grandissima capacità di gestire
le emozionie di prevenire e spostare, dice lui, i momenti di crisi e
sonno che naturalmente hanno preso lui come tutti. I tedeschi però
si sono fermati un po' invece lui no, credo che non abbia neppure
usato i bag drop...keep going, keep going, mi sembra di sentire Nigel
ed in effetti il segreto è quello se si vuol fare il tempo. Ci
racconta di essere stato nel gruppetto dei primi anche all'ultima PBP
ma ammette che per un non francese è quasi impossibile vincerla
perchè i locali, non tutti ma alcuni sì, la gestiscono come una
squadra professionistica, andandoti a turno a riprenderti se vai in
fuga e giocando sporco per lasciare qualcuno di loro andare via.
Tutte storie che ho già sentito e non fanno che diminuire la mia
stima per il superbrevetto francese mentre qui, e la storia di Anco
lo dimostra, è ancora un semplice e corretto confronto tra ciclisti.
Ma onestamente lui non si vanta particolarmente e vuole sentire anche
le nostre storie, si interessa alla luce di Olaf che è una Lupine da
500€ ma si capisce il perchè quando l'accende visto che illumina
metà campeggio a giorno. Anco poi dice di non essere particolamente
fanatico per la bici e di praticare molti sport, l'anno scorso avrà
fatto massimo 10mila km e di aver deciso di correre la LEL solo ad
aprile, certo poi è andato un po' in Belgio ad allenarsi visto che
montagna più alta dell'Olanda arriva si e no a 80 metri. Rimane
ancora un po' a parlare poi se ne deve andare perchè l'aspettano
all'arrivo. La sua semplicità insieme con la calda accoglienza dei
due tedeschi rappresentano per me la migliore giustificazione per
l'essere qui e per aver preparato e vissuto questa esperienza di vita
profonda e sincera. Non voglio apparire retorico ma raramente nel
mondo freddo e calcolatore che ci circonda mi è capitato di toccare
con mano uno spirito quasi cavalleresco come quello assaporato con
gli altri partecipanti ed i volontari in questo brevetto. Mi
addormento stanco, felice e soddisfatto come non lo ero da tempo.
1 agosto 2013, Londra
Al risveglio faccio un po' di fatica a
riconnettere tutte le poche sinapsi rimaste attive e a capire per
quale ragione sono in una tendina piazzata sotto ad una quercia
secolare nella foresta di Epping nei sobborghi di Londra.
A poco a
poco riconnetto tutto ma soprattutto ricordo che ho una fame da lupi
e mi rotolo giù fino alla scuola dove con nonchalace spero di
riuscire a scroccare un'ennesima colazione. Intanto ritiro il mio bag
drop di Edimburgo mentre per quello di Thrisk dovrò aspettare fino
al tardo pomeriggio. A poco a poco ricomincio a rivedere qualcuno
degli italiani e altri compagni di merenda. Rivedo così Mino, che è
già in partenza per l'Italia, Stefano di Udine e soprattutto, con
grande piacere, Marco di Roma che è riuscito a farcela malgrado la
frattura.
Poi rivedo i californiani e conosco Susanna, una simpatica
volontaria di Verona che scatterà alcune foto di gruppo all'arrivo,
non prima di averci invitato, a nome dell'organizzazione, a non
abusare dei cibi che devono rimanere anche per gli altri.
It's the Battle of Epping Forest,
right outside your door. You ain't seen nothing like it. (Genesis) |
Con Stefano e i due Marchi |
Su Marco di Milano invece leggo in rete
la triste notizia del suo abbandono a Brampton causa semi-
assideramento nelle lunghe discese scozzesi. Accompagno su al
campeggio Marco e si unisce a noi anche Stefano, naturalmente ci
raccontiamo le tantissime avventure e le persone conosciute: mi
rattrista il fatto di scoprire nei loro racconti che purtroppo alcuni
italiani non abbiano mostrato comportamenti esattamente corretti.
Temo che la stanchezza possa aver giocato qualche brutto scherzo e
ripensando alle mie ultime ore di brevetto capisco che il nervosismo
possa anche far compiere o dire cose fuori luogo. Capita.
Il mio programma sarebbe stato quello
di ritornare a Londra per andare a fare una capatina ai miei amati
giardini di Regents Park e per acquistare uno zainetto per il giorno
dopo ma capisco subito che non ne avrò né il tempo né la voglia
per farlo. Ricompare anche l'amico di Newcastle e la squadra polacca
al completo con somma gioia dell'autista. Decidiamo di andare a
brindare al pub ripassando dalla scuola e lì rivediamo vari amici
come Marco di Venezia ,i due ragazzi di Bergamo, quello che su FB ha
il nick di SeroTonina, purtroppo non ricordo i nomi, Claudia di
Vicenza con il suo amico Antonio e altri.
Per ogni arrivo è di
prassi la cerimonia dell'applauso che però ha un aspetto ambivalente
soprattutto da parte dei partecipanti: da una parte complimento
dall'altra, più sfumata, di sottile ironia competitiva tipo” ehi
vecio io sono già qui da ore...”.
Come prima ma con Claudia di Vicenza |
Mix di amici italiani... |
Danial Webb |
La torre di Babele a London Bridge |
Grande,Grande,Grande,Grande,Grande Michele.
RispondiEliminaIo non avevo dubbi. ⇨♚♔♕♛
Great report, enjoyable reading. Great to meet you at Brampton.
RispondiEliminaMettiamola così: dato che leggendoti sembra di esserci, tanto vale che mi gusti il racconto e mi risparmi la fatica dei pedali...
RispondiEliminaComplimenti, sia per l'impresa che per il "diario".
E pensare che l'anno scorso a Lugo eri uno sprovveduto che provavi a cimentarti alle tue prime rando....complimenti vivissimi.
RispondiEliminaAlfredo della Baracca